Squalificato per tre mesi dalla Federazione calcistica, licenziato in tronco dalla società viola. E questa la pena per Delio Rossi dopo il deprecabile gesto di mercoledì sera.
Ebbene, ha vinto per lennesima volta il moralismo contro la sincerità, lonestà e lobiettività. Per quanto ha detto a Delio Rossi al momento della sostituzione, Lijaic ha sbagliato non una volta sola: da giocatore, da ragazzo nei confronti di un adulto, e da uomo. Perché non si è uomini se si offende qualcuno, attaccandolo su ciò che di più privato, delicato e personale ci sia: la famiglia. È stato un colpo basso e meschinodinanzi al qualelallenatore non poteva restare inerme.
La reazione, istantanea e fulminea, se non avesse trovato lopposizione della panchina dei viola, avrebbe creato sicuramente maggiori conseguenze e ben gli sarebbe stato, al giocatore, di ricevere un sano cazzotto, come punizione per tanta tracotanza, scorrettezza, mancanza di umanità. Se qualcuno si comporta in un modo che si ritiene sbagliato,uno sela vede di persona, non tira in ballo la famiglia, tantomeno il figlio, peggio ancora se si tratta di un figlio disabile.
E la reazione di Delio Rossi non è stata quella del mister, del professionista in giacca e cravatta che deve tenere i nervi saldi per novanta minuti, e anche dopo, per controllare tutta la squadra, come di solito viene chiesto di fare agli allenatori. Quel gesto lha compiuto il Delio Rossi padre, che si è lanciato come una belva non contro un suo giocatore, ma contro quella che, in quegli attimi, era diventata una volgare e insopportabile offesa a lui e alla sua famiglia. Per questo siamo dalla parte di Delio Rossi, contro tutti i (falsi) moralismi.