Imu, i sindaci sul piede di guerra

di Redazione

Marco Piccolo ROMA. Sindaci sul piede di guerra contro l’Imu. Per giovedì 24 maggio, a Venezia, è prevista una protesta in piazza contro una tassa che, ritengono le fasce tricolori, comporta per i Comuni il rischio di perdere 2,5 miliardi rispetto agli incassi registrati con la vecchia Ici.

Secondo i sindaci, l’Imu è “ingiusta”, soprattutto perché tende a colpire i comuni “virtuosi”, che finora hanno fatto sacrifici per tenere bassa l’aliquota Ici, e quelli che applicavano agevolazioni, che ora dovrebbero essere finanziate una seconda volta, oltre al fatto che rappresenterà un vero e proprio salasso per i cittadini. I calcoli dei sindaci corrispondono a quelli dell’Ifel, l’istituto di ricerca dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), dai quali emerge che dalle stime di gettito del governo mancherebbero almeno 2,2 miliardi di euro.

I Comuni con l’Imu riceveranno 2,4 miliardi in più rispetto all’Ici 2010, ma subiranno un taglio dei trasferimenti e del fondo di riequilibrio di 5 miliardi di euro. Così sottolinea lo studio dell’Ifel, secondo cui lo Stato incassa 13 miliardi in più, e i sindaci perdono quasi il 30% del gettito garantito dalla vecchia Ici.

A questo punto, i comuni sarebbero costretti ad alzare le aliquote già dalla prossima estate, almeno di un altro uno per mille su prima casa e altri immobili, per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Tradotto: più tasse per i cittadini. Altrimenti c’è il rischio che si crei un buco nel bilancio pubblico di quasi 1 miliardo di euro, e un nuovo taglio di risorse per i comuni, relative al 2012, di almeno 1,3 miliardi, che si aggiunge a quello di 2,5 stabilito dal salva Italia e a quello di 1,4 miliardi deciso ad agosto del 2011 dal governo Berlusconi, oltre ai 7,9 di risparmi imposti da altre manovre negli anni scorsi.

Paradossalmente, a subire meno la nuova tassa, come prevedono i sindaci, i comuni che già applicavano il 7 per mille, il massimo, rispetto ai comuni che, con salti mortali, hanno mantenuto aliquote eque e garantito agevolazioni per fitti e fasce sociali più deboli.

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