Case-famiglia, Griffo avvia “indagine”

di Redazione

Michele Griffo TRENTOLA DUCENTA. Indagini a tappeto, dichiarazioni di esponenti di spicco della politica nonché esperti della materia, associazioni che si battono per la legalità che cominciano a dubitare sulla bontà del loro operato.

Insomma, secondo il sindaco Michele Griffo, comincia a scoperchiarsi il “vaso di Pandora” delle case-famiglia e vengono fuori ipotesi di truffe e raggiri che fanno cadere il velo su una realtà finora inesplorata perché nascosta dietro il paravento dell’assistenza ai bambini in stato di difficoltà o bisognosi. “Una realtà – afferma Griffo – che certamente non coinvolge tutti coloro che operano in questo delicato settore ma che fa comunque riflettere sull’utilità delle stesse e sulle finalità solidaristiche e caritatevoli e soprattutto comincia a far riflettere sulle possibilità alternative alle case famiglia in primo luogo all’affido familiare. Vanno bene le case famiglia ma cominciamo anche a pensare all’affido familiare che farebbe risparmiare soldi e darebbe ai ragazzi anche la possibilità di vivere in una famiglia: una casa famiglia costa 120 euro al giorno al Comune l’affido 30”.

“Queste – aggiunge Griffo – le dichiarazioni rese dall’assessore alle politiche familiari del comune di Napoli, Pina Tommasielli, proprio in occasione dell’apertura di una nuova casa famiglia. Molto più grave, invece, – continua il primo cittadino di Trentola Ducenta – quanto sembra emergere (come riportato sul Mattino di lunedì 7 maggio) da un’inchiesta portata aventi dalla Procura di Napoli che sta passando al setaccio i conti della case famiglia di Napoli e provincia. Un’indagine dalla quale scaturisce il sospetto che i bambini pur essendo affidati ad una famiglia sulla carta rimangono sempre ospiti delle case famiglia a fare numero e a produrre rimborsi. Eclatante, poi, quanto viene fuori dall’analisi di alcuni conti da cui verrebbe fuori che una comunità che ospita dieci bambini abbia speso in soli tre giorni cinquecento euro per l’acquisto di banane. Questa lunga premessa solo per dimostrare che quando si parla di case famiglia non si parla affatto del bene assoluto o di entità misericordiose e filantropiche, ma, in alcuni casi, di vere e proprie imprese che mirano a trarre benefici e vantaggi economici dalla loro attività celando tali scopi dietro la facciata dell’assistenza a minori disagiati, disadattati e comunque in stato di bisogno, una situazione che ha facile presa sull’opinione pubblica che tende a condannare chi vuole in qualche modo fare chiarezza”.

“Come ha cercato di fare il sottoscritto sulla vicenda Capodarco, – continua Griffo – una comunità che da dieci anni opera a Trentola Ducenta in dispregio di norme e regole, tra l’altro utilizzando gratuitamente un bene comunale confiscato alla camorra. La compagnia dei Felicioni, infatti, oltre a non pagare i canoni dell’acqua, tra l’altro risulta abusivamente allacciata alla rete idrica, è evasore totale della Tarsu. In più, come risulta da diverse ispezioni effettuate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori, la casa famiglia non risponderebbe ai requisiti igienici ed a quelli strutturali imposti dalla legge. E, come se non bastasse, risulta sprovvista di autorizzazione e, cosa ancora più grave, la struttura sarebbe diretta da una persona non in possesso dei titoli necessari. A tal proposito, a breve, avvierò un’azione diretta ad individuare gli educatori che si sono succeduti nel corso degli anni ed a verificare il possesso dei titoli richiesti per lo svolgimento di tale attività”.

“Alla fine – conclude Griffo – credo che, mio malgrado, sarò costretto a disporre la revoca dell’autorizzazione provvisoria che, tra l’altro, non è in linea con la normativa vigente. Inoltre, sono ancora in attesa di conoscere quali opere di beneficenza siano state fatte anche con una minima parte dei circa tre milioni di euro incassati dalla Capodarco. Dunque, da tutta questa vicenda un dato certo viene fuori e cioè che l’unico che ha agito in difesa dei bambini è il sottoscritto mentre altri se ne sono serviti per lucrare sulle rette e per farsi scudo degli stessi e mettersi al riparo da attenzioni e riflessioni approfondite”.

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