CASTEL VOLTURNO. 10 ordinanze di custodia cautelare, eseguite dalla squadra mobile di Caserta, contro l’ala stragista del clan dei casalesi guidata da Giuseppe Setola, per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, avvenuto il 16 maggio 2008 a Castel Volturno.
Le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip di Napoli su richiesta della procura antimafia partenopea, riguardano le accuse di omicidio, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare il clan.
Noviello, titolare di una scuola guida nel comune domitio, alcuni anni prima aveva denunciato un tentativo di estorsione da parte di esponenti del clan dei casalesi, consentendone l’arresto e la successiva condanna. Per questo motivo, il boss Giuseppe Setola ne ordinò l’uccisione, che seguì di pochi giorni quella del padre di Domenico Bidognetti, un collaboratore di giustizia, al fine di imporre un clima di terrore nel territorio controllato dal clan Bidognetti, di cui era divenuto reggente, e riaffermarne il potere criminale.
I destinatari delle ordinanze sono tutti già detenuti: Giuseppe Setola, 42 anni, di Casal di Principe; Massimo Alfiero, detto Capritto, 40 anni, di Casal di Principe; Giovanni Bartolucci, 32 anni, di San Marcellino; Alessandro Cirillo, detto O Sergente, 36 anni, di Casal di Principe; Francesco Cirillo, alias Pasqualino coscia fina, 38 anni, di Casal di Principe; Metello Di Bona, 42 anni, di Casal di Principe; Tammaro Goglia, alias Ninuccio macchiulella o Ninuccio o macchiato, 53 anni, di Casal di Principe; Davide Granato, 37 anni; Giovanni Letizia, alias Giovanni o zuopp, 32 anni; Massimiliano Napolano, detto Massimo di Big Auto, 40 anni.
Setola, Letizia e i due Cirillo sono considerati i mandati dellomicidio, Alfiero colui che organizzò ed eseguì materialmente lomicidio, Napolano e Goglia furono gli specchiettisti, Granato procurò una delle due auto utilizzate per lagguato e fece da vedetta avvisando col telefonino larrivo della vittima, Di Bona guidò una delle vetture di supporto al commando, mentre Bartolucci fornì supporto logistico, mettendo a disposizione un rifugio, oltre ad una delle auto per lagguato e una delle pistole, prendendo infine in consegna le armi. Allagguato partecipò anche Luigi Tartarone, oggi collaboratore di giustizia, che guidava lauto su cui viaggiava Alfiero, lesecutore materiale.