ROMA. Uno dei temi su cui si costruì la rottura finiana con il centrodestra berlusconian-leghista è stato, senza dubbio, quello della cittadinanza agli immigrati.
E proprio di questo il presidente della Camera è tornato a parlare, in occasione della Conferenza nazionale sulla cittadinanza organizzata dal comitato LItalia sono anchio, che si è svolta a Montecitorio. Nel giorno in cui anche il ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, confessa: Contare sulle sensibilità di diversi esponenti politici, in tutti gli schieramenti per approvare una legge che dia la cittadinanza ai bimbi immigrati nati nel nostro paese, Fini spiega che al centro della questione cè un principio universale che non deve essere piegato alla propaganda elettorale, un tema che non è di destra o di sinistra, ma attiene alla dignità delle persone.
E concorda con il fondatore di SantEgidio nel ricordare che è un obbligo del Parlamento approvare, in questa o nella prossima legislatura, una legge che riconosca il diritto di diventare italiani a chi è nato nel nostro Paese. Perché è veramente antistorico sostenere che si è italiani solo in ragione del cognome o del colore della pelle: la modifica di una legge che ha 20 anni è un sfida ineludibile e dettata da oggettiva necessità. Questo è il credo della nuova destra che Fini ha in mente ormai da tempo e che fa storcere il naso ai nostalgici della prima ora.