PALERMO. Sono stati notificati nella tarda serata di mercoledì gli avvisi di fine indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
Gli indagati sono 12, ma della trattativa rispondono in dieci, tra cui alcuni esponenti della mafia, uomini dello Stato e Marcello DellUtri che, come sostiene la procura di Palermo, avrebbe fatto da mediatore con Silvio Berlusconi, pure lui oggetto del ricatto, nella qualità di presidente del Consiglio appena nominato, nel 1994.
Un intreccio tra i vertici delle forze investigative e dello Stato e i vertici di Cosa nostra, avrebbe partecipato, con reciproche concessioni, a questa intesa inconfessabile: da una parte Vincenzo Parisi, Francesco Di Maggio (entrambi morti) due ex generali dei carabinieri del Ros, Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex colonnello Giuseppe De Donno, l’ex ministro Calogero Mannino e Dell’Utri; dall’altra parte, quella di Cosa nostra, il superkiller Leoluca Bagarella, l’attuale pentito Giovanni Brusca, il medico-boss Antonino Cinà, Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Tra gli indagati che non sono direttamente coinvolti nellaccusa di aver partecipato alla trattativa ci sono anche lex ministro Nicola Mancino che risponderà di falsa testimonianza al processo Mori, e Massimo Ciancimino, accusato di concorso in associazione mafiosa e di calunnia aggravata nei confronti dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro.
Gli avvisi non sono stati firmati dal sostituto procuratore capo, Paolo Guido. Questultimo, infatti, ha espresso un dissenso netto e aperto rispetto alla linea portata avanti dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, che sono gli autori dell’atto di accusa.