Stato-mafia, De Magistris: “Mancino mi strappò la toga”

di Redazione

Luigi De MagistrisNAPOLI. In un videomessaggio, il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, interviene sulla richiesta di rinvio a giudizio, da parte della Procura della Repubblica di Palermo, dell’ex vicepresidente del Csm Nicola Mancino, nell’ambito della presunta trattativa Stato-mafia.

“La Procura della Repubblica di Palermo – dice l’ex pm – ha chiesto il rinvio a giudizio, fra gli altri, di Nicola Mancino. Mancino già presidente del Senato, che oggi voglio ricordare come già vicepresidente del Csm, accusato di falsa testimonianza in una delle più delicate indagini degli ultimi decenni: quella della trattativa fra pezzi deviati di Stato e Cosa nostra. La notizia non mi sorprende. Mancino lo ricordo infatti, nitidamente, con lo sguardo rivolto verso il basso mentre legge, da presidente della sezione disciplinare del Csm, il dispositivo di quella sentenza vergognosa con cui mi strapparono la toga di pm perchè, in alcune indagini delicate come Why not, Poseidone e Toghe lucane, avevo individuato responsabilità di collusione con il crimine organizzato da parte di livelli molto alti della politica e delle istituzioni. Quella sentenza, per certi versi, l’ho considerata una medaglia per chi, in Calabria e in condizioni di isolamento istituzionale, non si è girato dall’altra parte, non chiedendo il trasferimento ma restando lì. Oggi credo che una soddisfazione l’ho avuta anche se, ovviamente, non mi ripaga di un dolore che solo la morte potrà cancellare”.

“Apprendo nelle stesse ore – continua de Magistris – che un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, l’allora maggiore Grazioli, è stato arrestato per tentata estorsione aggravata per fatti di mafia in concorso con la famiglia Arena, una delle più potenti realtà della Ndrangheta. Lo stesso Grazioli, che seguì l’indagine Poseidone dopo che mi fu revocata illegalmente dal Procuratore della Repubblica (e per questo c’è un processo a Salerno per corruzione in atti giudiziari nei confronti di diversi magistrati), e che guidò le indagini di Why Not dopo l’avocazione illegale da parte della Procura Generale di Catanzaro. Quello stesso maggiore Grazioli rispetto a cui ho rilasciato dichiarazioni alla Procura di Salerno, dichiarazioni che sono negli atti di quel processo in cui sono parte civile. Tutte verità dette anni fa. Ma anni fa il Csm, Mancino e una pletora di pezzi delle istituzioni preferirono scegliere la strada di cacciarmi dalle funzioni di pm, cacciarmi da Catanzaro e continuare a far lavorare, in quelle sedi, persone come appunto il maggiore Grazioli. Poi, come nelle vicende più tragiche, c’è sempre qualcosa di comico: leggo infatti sulle agenzie che l’attuale Csm mi continua a processare, bocciandomi in modo postumo. Hanno quantomeno il buon gusto di mettere ‘bocciatura postuma’ di de Magistris al Csm perchè sono vivo. Anche se qualcuno professionalmente mi ha voluto morto”.

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“Trovo curioso – riflette il sindaco di Napoli – che il Csm invece di interrogarsi su quello che di vergognoso è accaduto, continua a giudicare un magistrato che non è più tale da tre anni, avendo avuto anche la coerenza di dimettermi dopo aver compiuto un’altra scelta. Il Csm si interrogasse su quelle pagine e su quella sentenza disciplinare, sul perchè si decise di prendere quella decisione, sarebbe infatti un gesto bello da parte delle istituzioni anche per recuperare credibilità non solo verso di me, ma di tanti cittadini che la hanno smarrita. Speriamo che Mancino acquisti un po’ di memoria, come gli chiede da anni Salvatore Borsellino, perchè non mi risulta essere uno smemorato, dato che lo ricordo molto vigile durante il mio processo disciplinare. Finalmente un po’ di luce sta arrivando”.

“Finalmente, come dicono i magistrati di Palermo, – conclude de Magistris – si è entrati nella stanza della verità, la stessa per la quale mi batto, anche oggi, nella veste di sindaco. E sempre mi batterò perchè la verità sulle pagine più buie del nostro paese sia ricercata e individuata: verità e giustizia, non la legalità apparente degli apparati deviati dello Stato”.

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