Prime elezioni libere in Libia: violenze ai seggi

di Mena Grimaldi

 TRIPOLI. Quello di sabato 7 luglio è una giornata storica per la Libia: 2,9 milioni di cittadini dovranno eleggere il Congresso nazionale che dovrà scrivere la nuova costituzione dopo la quarantennale dittatura dell’era Muammar Gheddafi.

Un voto, però, tra sabotaggi, schede bruciate e disordini in tutto il paese con la paura di attentati. All’apertura dei seggi si registravano già file a Tripoli.

Scontri si erano verificati già alla vigilia dell’apertura dei seggi nella giornata di venerdì, quando un elicottero che trasportava materiali elettorali è stato attaccato a colpi di arma da fuoco vicino Bengasi, e un impiegato della commissione elettorale che si trovava a bordo è morto.

E già poco dopo l’inizio le operazioni di voto sono state sospese nelle città libiche di Brega e Ajdabiya, dopo che ignoti hanno dato fuoco ai depositi dove era stoccato il materiale elettorale. Anche a Bengasi, in Cirenaica, dimostranti hanno bruciato centinaia di schede elettorali.

I media locali attribuiscono l’attacco a “estremisti islamici” ma la protesta segue il malcontento degli ultimi giorni. Seggi chiusi a Jalo e Ojla, a sud di Bengasi.

Dalle urne usciranno i 200 parlamentari che comporranno il Congresso Nazionale Generale, il massimo organo legislativo che sostituirà il Consiglio Nazionale di Transizione, alla guida del Paese da poco dopo l’inizio, nel febbraio 2011, della rivolta popolare armata che portò alla fine del regime di Muammar Gheddafi.

Il Congresso avrà solo il compito di nominare il governo e il nuovo premier.

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