PALERMO. “Crediamo che in questo momento vi sia la priorità economica e anche la necessità di approvare subito una legge elettorale per avere un Paese in cui i cittadini possono scegliere il proprio deputato e il proprio senatore. Noi non poniamo termine alla scadenza di questa legislatura”.
Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, blinda il governo Monti dopo il pressing proveniente da più parti per andare al voto a ottobre. Alfano parla a Racalmuto (Agrigento), a margine della firma di un protocollo d’intesa con la Fondazione Sciascia. Tranne Lega e Idv, che lo reclamano a gran voce, ieri i partiti si sono dichiarati ufficialmente contro le elezioni anticipate. In realtà, dentro il Pdl come nel Pd i toni sono diversi. Per un Frattini che parla di “gioco sulla pelle degli italiani”, un Lupi che le esclude secco e un Cicchitto che avverte: “Sarebbe solo una prova di fallimento”, vi è un La Russa che sfida: “Se Monti vuol togliere il disturbo prima, non saremo noi a impedirglielo”.
Bersani liquida leventualità come “chiacchiere che alimentano solo confusione”, cè Rosy Bindi che riconosce: “Parlarne non è più un tabù”. Veltroni e Letta non sarebbero contrari, se questo fosse il modo per dar vita subito a una coalizione montiana. Infine, lUdc: dopo che Casini le ha definite “possibili”, lunedì Buttiglione reclamava apertamente elezioni in autunno. Senza una nuova legge elettorale, però, le urne sono – e su questo sì che tutti giurano di pensarla come il Quirinale – impraticabili. E qui le trattative sono ferme.
LEGGE ELETTORALE. La discussione tecnica riprenderà domani, in sede di comitato ristretto della I commissione del Senato, Affari costituzionali, presieduta da Carlo Vizzini, il quale dice: “Noi ci mettiamo tre giorni, volendo, ma serve la volontà politica. A oggi non cè, ma mi auguro ci sia, altrimenti vince Grillo“. Solo lUdc nel merito ha le idee chiare: punta alle preferenze secche (osteggiate da Pd e parte del Pdl) e a un proporzionale con soglia di sbarramento al 5% e si badi nessun premio di maggioranza, neppure al partito, come ha detto apertamente Casini.
Nel Pdl la confusione regna sovrana: per gli ex-An servono preferenze e primarie mantenendo di fatto inalterato, però, il “Porcellum”; gli ex forzisti, capitanati da Quagliariello, puntano sul sistema spagnolo (metà collegi uninominali e metà liste bloccate corte) e rifiutano nettamente, come il Pd, le preferenze. Sullo spagnolo converge parte del Pd che, dovendo mettere da parte un doppio turno che non raccoglie consensi, preferisce un sistema che premia i partiti maggiori senza preferenze, ma vuole inserirvi un premio alla coalizione.
Il segretario della Lega, Roberto Maroni, chiede di “aprire il Parlamento ad agosto” per vararla, Bersani si dice “pronto e flessibile”, nel Pdl si nicchia, ma i due sherpa tecnici Calderisi (Pdl) e Ceccanti (Pd) sbuffano: “Tutte parole. Ad oggi non cè nulla di concreto”. Tranne tre punti: base proporzionale, soglia di sbarramento alta e turno secco, più premietto al vincitore, partito o coalizione. Troppo poco, a oggi, per un accordo. Casini, Alfano e Bersani, però, in contatto da giorni, starebbero per vedersi. In tal caso, con il loro via libera, Vizzini i senatori li farà correre.