AVERSA. Più che un pronto soccorso una trincea dove pochi irriducibili continuano a fornire prestazioni sanitarie anche per diciotto ore di seguito.
Tanto che ieri mattina, linfermiere addetto al triage, ossia a stabilire la gravità delle condizioni dei pazienti tra bianchi, gialli e rossi, dopo aver trascorso due notti di seguito intervallate da un minimo di riposo, è stato mandato a casa, con ripercussioni gravissime per lutenza che, già nei periodi normali, è costretta ad attendere ore per ottenere di essere visitati.
Il problema del pronto soccorso dellospedale San Giuseppe Moscati, secondo in Campania per numero di prestazioni solo a quello del Cardarelli di Napoli, è sempre lo stesso: le forze in organico. A fronte del numero di interventi, che, a dispetto del fatto di essere ad agosto, non diminuisce, da diversi giorni nel reparto del nosocomio aversano ci sono solo un medico e tre infermieri, di cui uno addetto al triage.
Si tratta ha dichiarato un addetto ai lavori che deve rimanere forzatamente anonimo per timore di ritorsioni sul piano disciplinare, considerato che lamministrazione ha vietato al personale sanitario di rilasciare dichiarazioni ai giornali di una situazione insostenibile. Noi non ci lamentiamo di quanto siamo costretti a fare. Il nostro timore è un altro e riguarda, mi creda, soprattutto lincolumità di quanti si rivolgono a questo pronto soccorso. Uno di noi, medico o infermiere, quale resa può avere, in termini di prestazioni, dopo dodici ore ininterrotte di servizio. Una nostra distrazione può essere fatale per un paziente. Di chi sarà, poi, la colpa? Si consideri che qualche collega ha rasentato le 18 ore di servizio ininterrotto, tre turni di seguito.
Una circostanza assurda. Non è possibile gli fa eco un altro addetto che sappiamo quando inizia un nostro turno, ma non quando finisce. Ognuno di noi ha diritto di organizzarsi e vivere una propria esistenza al di fuori dellambiente di lavoro. Abbiamo famiglie e rapporti sociali che, gioco forza, in questo periodo stiamo accantonando. E un lavoro snervante con conseguenze che ricadono soprattutto sui pazienti che ricorrono alle cure del pronto soccorso.
Ed è proprio da un familiare dei pazienti che giunge la conferma di quanto affermato dagli addetti ai lavori. Sono stato costretto ha dichiarato Antonio R., pensionato, di Aversa a portare al ‘Moscati’ mia moglie in preda ad una presunta colica renale. Ebbene, sono trascorse non meno di tre prima che a mia moglie fossero prestate le cure del caso. E, in verità, non posso dire che il personale era con le mani in mano, anzi. Solo che lutenza è molto vasta, non solo lagro aversano, ma anche i residenti nei comuni a nord di Napoli preferiscono rivolgersi allospedale di Aversa.
Quali i motivi che hanno aggravato una situazione già carente di per sé? In primo luogo, il fatto che, a quanto pare, nel compilare i turni di servizio di agosto non si è tenuto conto di ferie e malattie. Né si è rinforzato lorganico, come avvenuto, ad esempio, con tre infermieri assegnati nei giorni scorsi alla medicina generale. Né andrà al pronto soccorso qualcuno dei 37 medici che sono stati arruolati con un avviso pubblico. Ed ecco, allora, che, alla fine, ci sono tre soli infermieri e un medico fisso, oltre ad un altro sanitario che, di volta in volta, con ordini di servizio estemporanei, viene fatto scendere in pronto soccorso dal reparto di medicina generale.
Il pronto soccorso del Moscati, tra laltro, è una trincea anche dal punto di vista dellordine pubblico. Il personale addetto a questa struttura, infatti, è costantemente alla mercé di esagitati che, sempre più spesso, li fanno oggetto della loro rabbia. Risale a poco meno di un mese fa una maxi rissa tra due fazioni familiari opposte che si rincontrarono, dopo una prima rissa, al Moscati, provocando ingenti danni alla struttura. Qualche giorno prima ad essere picchiata era stata la responsabile del reparto. Per questo si chiede da tutte le parti il ripristino del drappello di polizia.