Caso Sarracino, il padre accusa le istituzioni

di Antonio Arduino

Raffaele SarrracinoAVERSA. Francesco Sarracino non ci sta a leggere le notizie diffuse dall’amministrazione municipale che, annunciando la riattivazione dell’Ambito socio sanitario C3, sottolineano il caso anomalo di una famiglia, la sua, che rifiuta l’assistenza di Asl e Comune.

“Mio figlio da ormai oltre un mese è senza l’assistenza dovutagli dall’ambito ma non perché abbiamo rifiutato l’assistenza propostaci da Asl e Comune, ma solo perché abbiamo rifiutato quel tipo di assistenza che assistenza non è” scrive in una nota trasmessa alla redazione. “Perché – spiega – si tratta mio figlio, ma questo vale per i disabili in generale, come un pacco da consegnare ad una delle cooperative gradite a chi comanda perché guadagni un po’ di soldini tenendolo in caldo, senza considerare minimamente le capacità che ha il personale della cooperativa di gestire un ragazzo di trentasette anni, affetto da una patologia gravissima, qual è il ritardo mentale con disarmonie comportamentali, creata dalla malasanità, grazie a manovre sbagliate alla nascita. Una patologia che necessita di continua assistenza e sorveglianza, come hanno scritto, ancora una volta nel mese di marzo, gli specialisti a cominciare dal direttore del dipartimento di salute mentale Carizzone”.

“Per ammissione della responsabile – afferma Sarracino – la cooperativa scelta dal Comune non ha alcuna esperienza nelle problematiche di mio figlio perché assiste solo anziani. Stando così le cose era ovvio che non accettassi che lo prendesse in carico. Voi non avreste fatto lo stesso?”. “Certo – continua – la cooperativa ha vinto un bando di concorso per operare nell’Ambito C3 ma chi ha controllato se avesse davvero la competenza necessaria ad assistere ogni tipo di ammalato, indipendentemente dalla disabilità? Quale funzionario, assessore o consigliere del comune di Aversa lo ha fatto?”.

“Mio figlio – ricorda – da sei anni è assistito ottimamente dalla cooperativa onlus Iride che ha partecipato allo stesso bando di concorso di quella indicata dal Comune, ma non ha vinto perché non vincono tutti. Però è nella graduatoria e allora perché non si permette che continui ad assistere mio figlio?”. “Hanno detto e scritto che non posso scegliere dove far curare mio figlio, ma se questo fosse vero, perché – domanda Sarracino – un cittadino affetto da una malattia qualsiasi o anche da una grave come un cancro, può scegliere in quale ospedale, in quale clinica curarsi a spese dello Stato, scegliendo persino di andare fuori Italia, mentre mio figlio non può scegliere di essere curato dalla cooperativa che lo assiste da sei anni?”.

“Bisogna che mi rispondano. Non ha senso accampare scuse. Il fatto è –afferma Sarracino – che il problema della disabilità lo capisce solo chi lo vive. Chi ne fa oggetto di lavoro considera il disabile come un pratica burocratica, come una fonte di lucro e non pensa che accanto al disabile c’è una famiglia che soffre, una famiglia che vive male la vita di tutti i giorni, una famiglia che ha dei limiti di resistenza e che per non superarli ha bisogno di sostegno”.

“Noi Sarracino non siamo ricchi, viviamo di pensione e arrivati alla soglia dei settanta anni, dopo trentasette anni di sofferenza, di combattimento e di lotte con Istituzioni presenti solo a parole ma assenti nei fatti può succedere di tutto, perché – conclude la nota – il pensiero dominante delle nostre giornate è che cosa ne sarà di nostro figlio quando non ci saremo più”. Una domanda che giriamo ai rappresentanti delle Istituzioni perché provino a dare risposta, magari pensando di potersi trovare nelle stesse condizioni della famiglia Sarracino.

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