Rubate le campane della chiesa del Carmine

di Livia Fattore

chiesa del CarmineAVERSA. Addirittura le campane. Si, dalla derelitta, ma storica e monumentale chiesa del Carmine, annessa all’omonimo complesso conventuale, i soliti ignoti hanno portato via addirittura le campane.

Dopo la chiesa di San Bernardino presso l’ex ospedale psichiatrico Santa Maria Maddalena, dopo la chiesa di San Domenico che si affaccia sulla storica Piazza Plebiscito, accanto all’ex Palazzo di Città e a quella che fu la Regia Pretura, ancora una volta una chiesa, memoria storica di quella che è stata la prima Contea Normanna in Italia Meridionale, completamente depredata, spogliata da vandali privi di scrupoli aiutati da complici istituzionali che poco o niente hanno fatto per evitare uno scempio senza fine.

La chiesa del Carmine è stata spogliata per gradi. Utilizzata sino agli inizi degli anni ottanta, quando era tenuta in vita solo grazie al fatto di ospitare un gruppo scout dell’Agesci, con la cacciata di questi ultimi a causa del terremoto, la complessa struttura è stata praticamente abbandonata alla mercé di veri e propri predatori d’arte che hanno spogliata questa chiesa ampia, a tre navate, iniziando dai diversi altari laterali e da quello centrale, con dipinti, marmi e stucchi volatilizzati. Un lavoro certosino ha riguardato anche il pavimento, un pregevole cotto. I soliti ignoti non hanno risparmiato nemmeno la lastra di marmo che ricopriva la scala che porta alla cripta dove i monaci erano soliti seppellire i confratelli deceduti.

Insomma, un lavoro sistematico, negli anni, che non ha risparmiato l’annesso convento che con il regno di Gioacchino Murat fu trasformato in caserma di cavallerie e, successivamente, in distretto militare, fino ad essere adibito a scuole, nello specifico il liceo scientifico, fino a meta anni settanta. Un abbandono che ha avuto come complice dapprima il violento terremoto dell’ottanta, che ha portato alla chiusura totale e praticamente definitiva di una strada attigua e, successivamente, da altri crolli in zona.

Una zona, quella di via Ludovico Abenavolo, aversano (capuano per altri) partecipante alla disfida di Barletta al fianco di Ettore Fieramosca, che definire degradata oggi appare come un amaro eufemismo. Sempre più abbandonata, con l’attigua piazza del Carmine ridotta ad un desolato immondezzaio, i soliti ignoti, ogni volta che hanno voluto, hanno potuto agire praticamente indisturbati. Una chiesa dimenticata anche dalla Curia diocesana, ad eccezione di proteste che si sono levate più volte dal responsabile regionale e diocesano dei beni artistici ecclesiastici monsignor Ernesto Rascato.

Appelli caduti nel vuoto. Non a caso questo storico complesso è di proprietà, così come la chiesa di San Domenico, del Fec, ossia del Fondo Edifici per il Culto, curato dal ministero dell’interno e per esso, a livello locale, dalle diverse prefetture. Ma c’è da giurare che a Caserta nemmeno sanno dove si trova la chiesa del Carmine, le cui campane non suoneranno più.

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Redazione
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