DAMASCO. Centinaia di persone uccise, cadaveri allineati in fosse comuni, bambini e donne vittime di esecuzioni sommarie avvolti in sudari bianchi immersi nel sangue.
Sono centinaia, secondo fonti concordanti, i corpi trovati alla periferia di Damasco, nella località di Daraya. Sono centinaia e vengono raccontati in filmati contrapposti dei ribelli anti-governativi e dell’esercito siriano. Non ci sono fonti indipendenti a chiarire chi abbia compiuto le stragi e in quanti giorni: l’orrore è l’unica, accertata realtà.
E lunedì mattina i ribelli anti-Assad hanno detto di aver abbattuto un elicottero governativo nella capitale, mettendo le immagini su Youtube. A Damasco testimoni riferiscono di esplosioni causate da bombardamenti. Gli uomini, ma anche le donne e i bambini, con fori di proiettile in testa oppure smembrati da colpi dell’artiglieria sono l’evidenza di una o più stragi, presumibilmente in atto nella cittadina a sud-ovest della capitale da martedì scorso, da quando cioè è iniziata una vasta offensiva dei militari determinati a “ripulire” (così dicono) questi quartieri dalla presenza dei miliziani ribelli. Duecento, trecento, quattrocento morti: le cifre fornite dagli attivisti dell’opposizione aumentano continuamente e le immagini lasciano poco spazio ai dubbi.
È una guerra fratricida che lascia sul terreno soprattutto civili inermi, che non sono riusciti a fuggire e che sono impossibilitati a difendersi. Anche la giornalista della tv siriana che insieme ai soldati si muove in una zona della periferia di Damasco filma morti e feriti, cadaveri mutilati, bambini insanguinati che urlano il loro dolore. Sono stati i ribelli, dice. Mentre nell’altro video gli oppositori affermano: “Sono stati gli uomini di Assad”. Guerra di immagini, parole e propaganda, oltre che di armi, proiettili e violenze.
Domenica è intervenuto anche il presidente Bashar el Assad, con minacciose dichiarazioni rilasciate all’agenzia ufficiale Sana dopo l’incontro con un emissario dell’Iran, Alaeddin Borujerdi, in visita a Damasco. “Il popolo siriano non permetterà agli stranieri che complottano contro la Siria di vincere”, ha detto Assad, promettendo di sventare “a qualunque costo” il complotto ordito dall’estero. “Quanto sta accadendo non è solo rivolto contro la Siria ma è contro l’intera regione … Perché nella regione la Siria è una pietra miliare e le forze straniere la prendono di mira per portare a termine un complotto in tutta l’area”. Le parole di Assad sono senza spazi di mediazione. “La Siria continuerà nella sua strategia di resistenza a dispetto della collaborazione dei Paesi occidentali con alcuni Stati della regione per farle cambiare la sua posizione di contrasto contro la dominazione occidentale e israeliana”.
Dall’inizio della rivolta, 17 mesi fa, il regime di Damasco accusa i ribelli di essere “terroristi” al soldo degli stranieri, finanziati e armati da Paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia, determinati a sovvertire gli equilibri politico-economici nella regione. Nella guerra di propaganda il regime ha comunque segnato un punto a suo favore: il vice presidente Faruk al Sharaa, di volta in volta dato per rimosso dal suo incarico, fuggito, imprigionato o espatriato in Giordania, è tornato ieri a farsi vedere in pubblico per la prima volta da settimane. È arrivato in auto al suo ufficio a Damasco e ha partecipato all’incontro con l’inviato iraniano. “Serio in volto”, non ha rilasciato dichiarazioni ma ha posto fine al mistero sulla sua sorte.
Intanto, scontri armati e forti esplosioni lunedì in pieno centro a Damasco: lo riferiscono all’Ansa fonti concordanti. I conflitti a fuoco tra ribelli e governativi si sono verificati nelle zone cristiane di Tijara e Bab Tuma – nella città vecchia – e nei pressi di piazza degli Abbasidi, la stessa area dove è stato abbattuto un elicottero.
Alcuni residenti a Damasco affermano che l’elicottero è precipitato nel quartiere di Jawbar, nella parte nord-orientale di Damasco, poco lontano dalla piazza degli Abbasidi. In un video amatoriale diffuso dagli attivisti si vede una densa colonna di fumo levarsi da una zona residenziale. Altre foto apparse sui social network e scattate da cittadini di Jawbar documentano la presenza della colonna di fumo.