CASERTA. Se vogliamo cambiare si cambia aveva detto il viceparroco di Casapesenna, don Vittorio Cumerlato, ai microfoni di Pupia, allindomani della cattura del boss Michele Zagaria.
Ma, a diversi mesi di distanza da quel duro colpo alla camorra, le cose non sono cambiate, anzi sembrano peggiorate. Proprio le parole del giovane sacerdote durante lomelia del 17 giugno hanno fatto scattare le indagini e le conseguenti ordinanze di custodia cautelare, eseguite dalla squadra mobile di Caserta, contro 6 persone ritenute esattori dellex superlatitante attualmente detenuto al carcere duro.
A Casapesenna sembra tutto rimasto uguale: le estorsioni ai danni di commercianti ed imprenditori cerano prima come adesso, anzi più di prima. Forse lunica nota stonata è proprio quel parroco che dalla sua chiesa cerca di far cambiare le cose e tuona dal pulpito: Qui a Casapesenna è tutto come prima. Questo paese non cambierà mai. E chi si aspettava, in seguito alla cattura del capo, la rivoluzione del modus vivendi della comunità ne è rimasto deluso. La camorra cè ancora. Chi pagava prima taceva. Adessosembra farlopiù di prima: a piccole rate, precise e dilazionate, continue, con scadenza prestabilita fino al saldo dellimporto pattuito.
Nulla è mutato se non fosse per un piccolo dettaglio: non si denuncia più ai carabinieri, ma si sceglie di confidare tutto al proprio parroco, quello che in una piccola comunità cittadina tutti conoscono, colui che conosce i tuoi peccati e le tue sofferenze, colui che non giudica le tue scelte, ma cerca solo di aiutarti perché comprende ciò che gli viene raccontato. Colui che dal pulpito, con una sola frase, fa scattare la curiosità degli uomini della squadra mobile di Caserta che si attivano a comprendere la motivazione di quelle dichiarazioni. E cosa si scopre? Che molti imprenditori in difficoltà si erano confidati al sacerdote, ascoltato poi dagli inquirenti come persona informata sui fatti, per avere sostegno e conforto.
Arresto Zagaria, int. Don Vittorio (11.12.2011) |
Limmagine che quindi risuona a mesi di distanza è la stessa che don Vittorio aveva offerto allindomani della cattura del boss Zagaria: Viviamo in una terra maledetta. E nella terra maledetta chi vuole il bene lo deve ricavare con le sue fatiche e non bisogna scoraggiarsi. E proprio le sue parole sono state da sprono per i tanti che hanno deciso di denunciare.
Tutti già chiamano don Vittorio il prete coraggio, perché ha saputo esporsi contro un male che si annida in quella comunità e che in molti non sono riusciti ad estirpare. Lui è luomo del coraggio perché è riuscito, appunto, ad infondere coraggio in quella gente sfiduciata e costretta a subire. Cè sfiducia e quindi le persone hanno paura del domani – diceva lo scorso dicembre don Vittorio, ritenendo, però, che ciò che è accaduto deve dare coraggio,fermo restando che il male compiuto rimane male.