ROMA. La costituzione di parte civile del Governo può essere un segnale importante di effettiva attenzione alla ricerca della verità su cosa accadde in uno dei periodi più oscuri della nostra storia recente.
E così che il pm di Palermo, Nino Di Matteo, uno dei titolari dell’indagine sulla trattativa Stato-Mafia, assieme al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, commenta la decisione del governo di costituirsi parte civile all’udienza preliminare del procedimento penale dinanzi al tribunale di Palermo a carico di Leoluca Bagarella e degli altri 11 imputati per la presunta trattativa Stato-mafia.
Il 24 luglio scorso i pm del capoluogo siciliano avevano chiesto il rinvio a giudizio i dodici personaggi indagati per il presunto patto che, secondo la Procura di Palermo, portò pezzi delle istituzioni a trattare con la mafia.
Secondo la stessa richiesta di rinvio a giudizio, tutti coloro che parteciparono alla trattativa agirono in concorso con lallora capo della polizia Vincenzo Parisi e il vice direttore del Dap Francesco Di Maggio, deceduti: loro avrebbero ammorbidito la linea dello Stato contro la mafia, revocando centinaia di 41 bis.
Gli imputati sono 5 mafiosi: Leoluca Bagarella, il capolista, Totò Riina, Bernardo Provenzano, Antonio Cinà e il pentito Giovanni Brusca; 3 politici: Calogero Mannino, Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino; ci sono poi 3 carabinieri, i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe Di Donno.
Infine è imputato anche Massimo Ciancimino, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata.