Pd, Del Prete: “Iavarone faccia nomi e cognomi”

di Redazione

Del PreteSANT’ARPINO. Chiedo, cortesemente ospitalità, per consentirmi alcune precisazioni in ordine alla “lettera” di Roberto Iavarone sulla vicenda dell’illegale e illegittimo Congresso cittadino di un Pd inesitente, una vera farsa, inviata al Segretario Provinciale Dario Abate.

Sono grato a Roberto Iavarone, che mi dà l’opportunità di ritornare sulla questione per alcune condivisioni e precisazioni.

E per dare forza al mio ragionamento, che tiene conto dei fatti e solo dei fatti, voglio subito dargli atto di avere bene inquadrato e colto il dato essenziale di questa vergognosa, per una parte della Direzione Provinciale e per i falsi Democratici di S.Arpino, vicenda.

“Ho deciso di scriverti – afferma Iavarone, rivolto al Segretario provinciale – per esternare tutta la mia amarezza per come è stato gestito il Congresso e per esprimere tutto il mio rammarico per le conclusioni – inopportune e non lungimiranti – a cui è pervenuto il Congresso tenutosi in quest’ultimo fine settimana…..Si è voluto caparbiamente privilegiare una soluzione che non restituisce autonomia politica alla sezione e chiude definitivamente qualsiasi prospettiva di gestione unitaria, anche transitoria. Tutto ciò rientra in quella che io chiamo “irresponsabilità e suicidio collettivo”, un comportamento grave ed imperdonabile, soprattutto in considerazione delle imminenti (primavera prossima) elezioni amministrative locali da un lato e, soprattutto le primarie, oramai alle porte, e le elezioni politiche del 2013”.

Condivido in parte le preoccupazione di Roberto, precisando di non essere d’accordo con il giudizio di “irresponsabilità e suicidio collettivo”.

No, caro Roberto, la responsabilità è netta, chiara e ha un solo nome e cognome. E tu lo sai, perché hai toccato con mano lo stato di rigidità del livello provinciale, concentrato solo a salvaguardare il posizionamento delle candidature di chi oggi è maggioranza provinciale. Coloro che sostengono diversamente, pur sapendo come stanno le cose, dicono il falso.

E, poi, sulla mia presunta volontà e responsabilità per non aver accettato la proposta di accordo, ti sono altrettanto grato, perché mi consenti di dire come sono andate realmente le cose. La responsabilità del mancato accordo, come possono ben testimoniare le persone politicamente ed intellettualmente oneste, non è assolutamente ascrivibile a me. Da sempre ho lavorato per una soluzione politica che non mortificasse nessuno. E la nostra proposta, che è stata sempre la stessa, è addirittura agli atti dei lavori di una direzione provinciale dove demmo la nostra piena disponibilità ad una soluzione unitaria.

Altri, e per altri inconfessabili motivi, caro Roberto, hanno deciso, con un’operazione a tavolino e a freddo, di spaccare il partito.

E veniamo alla presunta proposta che, invece, era solo una trappola e lo dimostro.

“Nel merito delle questioni – scrive Iavarone – ho tentato in tutti i modi di far comprendere – a tutti, compreso i massimi livelli “istituzionali” della Federazione – che bisognava puntare ad un organismo locale (direttivo) paritetico ed una segreteria unitaria transitoria, con un “documento comune ed un mandato chiaro ed inequivocabile” che puntasse all’individuazione di un candidato sindaco possibilmente del Pd, all’interno di una più ampia aggregazione di centro-sinistra. Su tale ipotesi tutti i presenti si sono espressi positivamente nella mattina di venerdi 26 u.s.; Partito provinciale, on. Caputo e on. Graziano compresi, tranne Elpidio Del Prete che rappresenta una parte del Pd santarpinese”.

Roberto Iavarone dice solo una parte e dimentica la parte più importante che fa comprendere la strumentalità della proposta, penso non di Roberto, e la volontà di rompere che essa sottintendeva.

Infatti, io, come possono testimoniare i presenti, non ho detto no! Ma ho solo integrato quella proposta, altrimenti irricevibile, della premessa che l’avrebbe resa credibile. Ho chiesto che a tale proposta si aggiungesse la cosa più ovvia e cioè che i due consiglieri si sarebbero dovuti dimettere dalla maggioranza Di Santo e iscriversi al gruppo consiliare del Pd, come prescritto dallo Statuto del Partito, dal Regolamento e dal Codice etico. In particolare lo Statuto recita testualmente “Sono escluse dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori del Pd le persone appartenenti ad altri movimenti politici o iscritte ad altri partiti politici o aderenti, all’interno delle Assemblee elettive, a gruppi consiliari diversi da quello del Partito Democratico. Gli iscritti che, al termine delle procedure per la selezione delle candidature, si sono candidati in liste alternative al Pd, o comunque non autorizzate dal Pd, sono esclusi e non più registrabili, per l’anno in corso e per quello successivo”.

Non ho nemmeno finito di parlare che c’è stata la rabbiosa reazione e rifiuto di Cammisa e la proposta si è rivelata per quella che era: un volgare e banale bluff!

Credo di non dover aggiungere altro se non dare atto a Roberto per avermi dato l’opportunità di precisare come sono andate veramente le cose e di ringraziarlo per aver riconosciuto, nel suo rammarico, le vere responsabilità sulla rottura: “Il rammarico, caro Segretario, è che occorreva un po’ di tempo. Era un atto di responsabilità concederlo, invece sono state fatte altre scelte quelle di andare avanti e chiudere il Congresso. Si è trovata l’occasione per rompere”.

Ecco, concordo con Roberto Iavarone. Si voleva rompere e, allora, diciamo con chiarezza, caro Roberto, chi era che voleva la rottura. Era già tutto scritto e tu sai bene chi e come l’aveva già scritta la rottura. Abbi il coraggio di dirlo con nome e cognome, non inventarti responsabili che hanno lavorato, certamente con dei limiti, per l’unità, il radicamento, la crescita e la dignità del Partito Democratico, che altri avevano già vendute.
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