Terremoto Irpinia, il ricordo delle vittime aversane

di Redazione

 AVERSA. Novanta secondi a volte bastano per cambiare un intero Paese. All’Italia bastarono per mutare la geografia di interi territori, per ridurre in briciole ospedali, case, strade, città.

Pochi attimi per spegnere la vita di quasi tremila persone, travolte dalle macerie di quella che erano le loro case. Sono trascorsi trentadue anni dal terremoto dell’Irpinia. E ci sono segni indelebili soprattutto tra le pieghe di una società che dal 23 novembre 1980 cambierà inevitabilmente il volto, trascinando via sogni e speranze di un Sud già allora senza speranza. Il Mattino, in quei giorni drammatici, sottolineò con quel “Fate presto” sparato in prima pagina e che passò alla storia, la drammaticità dell’evento che toccò anche la Città di Aversa.

Cinque vittime, don Pasquale Ciani, la mamma Caterina Acquaviva, il papà Michele Ciani, la sorella Antonietta Ciani e Maria Pezone, che morirono investiti dal crollo del campanile e del tetto della Chiesa di San Filippo e Giacomo.

Oltre alla parrocchia che ospita l’icona della Madonna di Casaluce, infatti, furono seriamente danneggiate la chiesa di Sant Antonio al Seggio, la chiesa di Sant’Audeno, a tutti nota come la chiesa della Trinità, la Chiesa di San Domenico, da allora mai più riaperta, e la Cattedrale. La sede vescovile era vacante per l’improvvisa morte di monsignor Cece e la Diocesi era in attesa della nomina del nuovo Pastore.

A spezzare l’attesa fu proprio il sisma di quella notte che anticipò l’arrivo di monsignor Giovanni Gazza. Il 21 dicembre fece ingresso nella città e per l’occasione riaprì la Cattedrale con le navate puntellate. Notevoli danni riportò anche l’ospedale civile, che allora aveva la propria dimora nell’ex Real Casa Santa dell’Annunziata, (oggi sede della facoltà di ingegneria) al cui interno furono chiusi vari reparti per l’inagibilità della struttura. E fu proprio il sisma di trent’anni fa che diede l’input per velocizzare la costruzione della una nuova sede, più idonea ad ospitare un ospedale, già in corso da numerosi anni.

Per l’ex istituto San Lorenzo, già da chiudere per la soppressione di Enti ‘inutili’ venne anticipata la serrata in quanto si doveva verificare la staticità dell’intero complesso abbaziale. Tutto il personale impiegato, così come mobili e suppellettili, vennero trasferiti al Comune. Tanti furono anche i danni riportati dalle abitazioni civili e di conseguenza numerosi furono gli sfollati che furono alloggiati in numerosi container sistemati all’interno dell’ex campo profughi.

Aversa ottenne grande attenzione mediatica per essere la città più lontana dall’epicentro del terremoto in cui si registrarono vittime e, di diritto, entrò nella lista dei comuni terremotati. Tale riconoscimento comportò notevoli benefici, dal punto di vista fiscale, per la comunità normanna che era ‘orfana’ del sindaco Augusto Bisceglia a cui successe facenti funzioni, Michele Serra prima di lasciare, solo per una parentesi di due mesi, la fascia tricolore all’avvocato Giovanni Cantone.

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