CASERTA. Un appello “ad allontanarsi dai Casalesi” è stato lanciato dal collaboratore di giustizia Tammaro Diana durante l’udienza del processo in corso alla prima sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico dell’avvocato casertano Michele Santonastaso.
Diana è stato ascoltato dal collegio presieduto da Orazio Rossi (giudice a latere Francesca Auriemma) su richiesta del pm della Dda di Napoli Antonello Ardituro.
“Invito tutti ad allontanarsi dai Casalesi, queste persone sono come i carboni: se ti avvicini quando sono spenti ti tingono, se sono accesi ti incendiano”, ha detto Diana, che ha poi ripercorso le tappe della sua carriera nel clan Bidognetti.
“All’età di 24-25 anni sono entrato nel clan spinto dalla tipica arroganza giovanile”, ha detto. “Mio padre gestiva una catena di supermercati a Villa Literno e la cosca ha tentato più volte di incendiare i negozi; all’inizio avevamo anche denunciato le estorsioni, poi ci siamo sentiti abbandonati perché avevamo perso la protezione da parte dello Stato, quindi io mi avvicinai ai Bidognetti. Anche per questo i Tavoletta, che agli inizi del 2000 erano in guerra con i Bidognetti, mi volevano morto”.
Quindi l’accusa all’avvocato casertano: “Quando Luigi Guida divenne reggente del clan – ha raccontato Diana – io e la mia famiglia stavamo cercando di aprire il centro Giolì a Castelvolturno (sequestrato dalla Dda nel luglio 2011, ndr) e Guida mi disse che gli dovevo un negozio da far gestire a un suo parente. Risposi che la richiesta era troppo esosa ma a quel punto preferii versare del denaro. Ricordo che Guida mi disse poi di portare una rata all’avvocato Santonastaso che stava curando la difesa di Massimo Iovine“.