NEW YORK. Per gli americani, quello di martedì, è senza dubbio il giorno più lungo.
Sui network sono iniziate le maratone televisive, metà della popolazione è già incollata alla televisione: tra poche ore saranno eletti il nuovo presidente degli Stati Uniti, la Camera dei Rappresentanti, un terzo del Senato e undici governatori. Barack Obama e il suo sfidante repubblicano, Mitt Romney, dopo aver girato in lungo e in largo lAmerica cercando di aggiudicarsi lultimo voto utile, ora non possono fare altro che attendere la chiusura dei seggi nei vari stati. Il primo spoglio è partito già a Dixville, piccolo villaggio nel nord del New Hampshire, dove si sono già chiuse le urne per eleggere il futuro presidente degli Stati Uniti. Urne chiuse anche ad Hart’s Location, che con Dixville sono dal 1948 i primi paesi votanti degli Stati Uniti.
Lo spoglio a Dixville e ad Harts ha rilevato quello che ormai i sondaggi da mesi hanno prospettato: un testa a testa tra i due candidati alla casa Bianca. Solo lo spoglio delle schede in Virginia, che avverrà nella serata di martedì, potrà mettere un tassello in più sulle Presidenziali 2012. Dalle preferenze in Virginia, infatti, si potrà capire se si avrà subito un vincitore o meno. Determinanti per la vittoria delluno o dellaltro, saranno sia la Virginia che lOhio, oltre alla Florida dove cè la posta in gioco più alta con 29 grandi elettori. La Virginia, con 13 grandi elettori, è centrale nella strategia di Romney.
Se dovesse andare a Obama, le possibilità di vittoria per il repubblicano si ridurrebbero notevolmente. Alle 19.30 dovrebbero arrivare le prime proiezioni dell’Ohio, cruciale per entrambi i candidati, con 18 grandi elettori. Se Romney vincesse in questo Stato, la situazione potrebbe rivelarsi critica per il presidente in carica, mentre in caso contrario la storia giocherebbe a suo favore, visto che nessun repubblicano ha mai vinto le presidenziali senza aggiudicarsi questo Stato in bilico.
Con l’Ohio in tasca, spiegano gli esperti dellaCnn, Obama potrebbe anche perdere il Colorado, la Virginia e la Florida, riuscendo comunque a sconfiggere Romney. In Florida, New Hampshire e Pennsylvania, dove i seggi si chiuderanno alle 20, ora italiana, sono cruciali per Romney. Per il New York Times fondamentali saranno anche il Colorado e il Wisconsin, secondo il quale chi tra i due dovesse aggiudicarsi entrambi gli Stati, avrebbe la porta già spianata alla Casa Bianca. Intanto, non sono poche le difficoltà che si stanno riscontrando nei seggi di New York, ancora devastata dalluragano Sandy dei giorni scorsi.
Il comitato elettorale cittadino riferisce che 60 seggi nei cinque distretti della City sono stati trasferiti, per un totale di circa 143mila elettori: diverse scuole che avrebbero dovuto ospitare le operazioni di voto sono ancora chiuse. Nelle zone più colpite della città, come Coney Island, Far Rockaway e Staten Island, è attivo un servizio di navette per permettere alle persone di recarsi alle urne. Secondo il Dipartimento dell’Energia, solo nello Stato di New York 500mila persone sono ancora senza corrente e questo rende naturalmente più complicate le operazioni di voto.
Sarà eletto presidente degli Stati Uniti chi porterà a casa almeno 270 grandi elettori. In palio ce ne sono 538, divisi tra i vari Stati sulla base della loro rilevanza demografica. La California, per esempio, vale 55 voti, mentre Stati pressoché disabitati come il Montana o il Wyoming eleggono appena 3 delegati ciascuno. I grandi elettori, eletti su base statale, sono la somma tra il numero dei senatori, due per Stato, e dei deputati: 435 in tutto, assegnati proporzionalmente alla popolazione.
Attualmente i deputati sono 53 in California, lo Stato più popoloso, uno soltanto in Montana, North e South Dakota. Ai 535 Grandi Elettori statali se ne aggiungono 3 in rappresentanza del distretto di Columbia che ospita la capitale Washington. Nella stragrande maggioranza degli Stati vige la regola della vittoria totale: chi giunge in testa ottiene la totalità dei delegati. Fanno eccezione il Maine e il Nebraska, che hanno un sistema diverso. In caso di parità fra i grandi elettori, ovvero se i due sfidanti conquistano 269 voti ciascuno, a decidere e’ il Congresso degli Stati Uniti.