Villa di Briano, scoperta fabbrica clandestina gestita da cinesi

di Livia Fattore

 VILLA DI BRIANO. Mangiavano e lavoravano in uno scantinato senza luce naturale, dormivano ai due piani superiori in condizioni ai limiti dell’umano.

Sedici lavoratori cinesi, intenti a lavorare all’interno di un calzaturificio in pieno centro cittadino a Villa di Briano, sono stati sorpresi dai carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia di Casal di Principe, coordinati dai tenenti Michele Centola e Salvatore De Falco, in collaborazione con gli addetti dell’ispettorato del lavoro di Caserta e del personale della Asl competente. Agli occhi dei militari, un pezzo di Cina a Villa di Briano, con sedici malcapitati, tra cui quattro sprovvisti del permesso di soggiorno, che vivevano quasi in schiavitù, come le immagini delle riprese effettuate dai carabinieri hanno dimostrato.

L’opificio scoperto dai militari si trova, infatti, all’interno di uno dei classici grandi «portoni» di questa zona dell’Agro Aversano. Diviso in due grossi stanzoni, in ognuno di essi diverse macchine rivettatrici di tomaie, nessuna traccia di suole o altro. Infatti, come hanno spiegato i carabinieri, i cinesi, al contrario degli imprenditori calzaturieri aversani che hanno l’intera filiera delle calzature in un solo opificio, frazionano le lavorazioni per poi assemblare le varie parti. Sulle macchine per cucire, utilizzate dagli sventurati per lavorare, anche residui di cibo, pane, salumi.

Il ritmo imposto, con un numero minimo di tomaie da realizzare, non consente distrazioni. Né c’è l’orario di otto ore. Si lavora e si mangia contemporaneamente, la sera, poi, ci si ritira, ammucchiati in quelle stanze prive di qualsiasi tipo di comodità. Solo un posto per dormire e un piccolo spazio per riporre i pochi effetti personali. I carabinieri hanno denunziato, in stato di libertà, per violazioni delle leggi in materia di lavoro e impiego, due cittadini cinesi, due coniugi, titolari dell’azienda.

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I militari dell’Arma, infatti, a seguito della perquisizione domiciliare effettuata, hanno accertato che i due cittadini cinesi gestivano un laboratorio, sprovvisto di autorizzazioni, nonché delle più elementari misure di sicurezza contro gli infortuni sul lavoro, che produceva tomaie prive di marca. L’edificio che ospita l’opificio, costituito da un pian terreno adibito a fabbrica clandestina e 2 piani superiori adibiti a dormitorio per gli operai, è stato sottoposto a sequestro.

Quella di ieri è la terza fabbrica gestita da cinesi scoperta dai carabinieri della compagnia di Casal di Principe nel giro di un paio di settimane. Le precedenti erano ubicate proprio a Casal di Principe.

Un fenomeno nuovo, emerso proprio grazie alle operazioni dei militari, che dimostra come la comunità cinese abbia scelto questa zona per incardinare le proprie attività. Attività che, come loro abitudine, portano avanti utilizzando solo ed esclusivamente manodopera composta da connazionali abituati a condizioni di lavoro al limite della schiavitù, reclutandoli in Cina e assicurando (per usare un eufemismo) loro vitto e alloggio in cambio di un salario che a malapena arriva a qualche centinaio d’euro.

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