L@D: “Il professor Limone ispiri la nuova stagione politica”

di Redazione

 SANT’ARPINO. Sant’Arpino tributa un omaggio ad un suo figlio, ad un gigante del pensiero che ha varcato, e non da ora, i confini dello spazio e del tempo!

Il professore Giuseppe Limone e la grandezza del suo pensiero, la profondità del suo animo, la sua robustezza morale, la sua ricchezza di valori sono da ieri sotto le lenti di ingrandimento di emeriti studiosi e professori. A cui si sono accompagnate le testimonianze di amici, compagni di scuola e di studi e di ammiratori. C’è veramente da rallegrarsi l’anima. E c’è veramente da apprendere da tale prezioso patrimonio della comunità atellana e santarpinese.

Dei suoi numerosi scritti, dalla letteratura alla filosofia, dalle scienze alla poesia, tutti noi dovremmo dare tesoro. A lui si deve ispirare chi intende proporsi al governo della nostra cittadina per operare al meglio delle risorse e per ricostruire una comunità all’altezza delle proprie tradizioni storiche. Un riferimento alto per amministratori che realmente intendono porsi al servizio del Paese!

Purtroppo c’è chi solo oggi scopre l’esempio e l’insegnamento di Giuseppe Limone, ma nella realtà quotidiana spesso e volentieri, con l’operato concreto, rinnega i valori e le pratiche professate e testimoniate del nostro illustre concittadino.

Noi ci batteremo affinché l’esempio del prof. Limone sia non solo qualcosa che viene semplicemente ricordato ed apprezzato, com’è giusto che sia, ma anche concretamente praticato e realizzato.

E ci auguriamo che tale nostro impegno possa essere monitorato e verificato dalla costante presenza di Giuseppe Limone e anche dall’altro nostro illustre figlio, Giuseppe Montesano, del quale qui ci piace riportare uno stralcio della pregnante e toccante testimonianza in omaggio alla figura di Peppe Limone, dandoci un ricordo del suo impegno civile che può costituire una traccia anche del nostro lavoro: “In quel periodo Peppe era alla ricerca di un equilibrio impossibile tra le aperture e le illuminazioni dei libri e la realtà provinciale, meschina, piccola della provincia in cui viveva e agiva. Era un intellettuale nel senso più puro del termine: uno che attraverso lo sguardo della mente interpreta i fatti e li vede lucidamente senza soggiacere ad essi e al loro realismo pigro e soddisfatto. Ma questo non gli bastava, voleva anche che le intuizioni della mente e le deduzioni della logica si incarnassero nella realtà: perché lui non aveva dimenticato che un altro passo del Vangelo dice, nel possente latino della versione di San Girolamo: Et Verbum caro factum est, e il Verbo si fece carne. Peppe sapeva fin da allora che solo questo conta davvero nelle idee, che esse si incarnino e si trasformino nella vita e nel sangue degli uomini, che trasmigrino dalle pagine morte dei libri nelle vite vive delle persone. Io lo osservavo da lontano, qualche volta entrando in contatto con la battaglia che lui conduceva contro la vischiosità politica e la vischiosità e vuotezza culturale, ma non ci siamo mai davvero incontrati. Che voleva dire la frase dell’evangelista Luca?(“Sono venuto a gettare fuoco sopra la terra, e come vorrei che fosse già acceso!… Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma divisione. Perché d’ora innanzi si divideranno il padre contro il figlio e il figlio contro il padre, la madre contro il figlio e il figlio contro la madre…). Più passava il tempo, più seguivo i percorsi di Peppe, e più mi appariva che quello era in qualche modo il suo manifesto interiore: cambiare la società vuol dire cambiare la vita, ma cambiare la vita vuol dire rifiutare l’ordine esistente, perché l’ordine che vige nei rapporti basati sullo sfruttamento e sull’ingiustizia non è un ordine: è una trappola e un inganno. Ecco la sua spada, ecco il fuoco che veniva a sciogliere il familismo immorale, che voleva bruciare i nodi che strangolano le persone, la spada intellettuale che crea un disordine che deve preludere all’ordine vero, quello di una fraternità non solo di parole e di leggi ma di comportamenti quotidiani. Era questo che io leggevo in quel piccolo libro e negli altri che seguirono, e che ritrovavo nello sperpero generoso di tempo e forze che Peppe faceva per educare chi lo circondava, un’educazione che per principio era interminabile, che era nel suo desiderio reciproca e che era innamorata del dialogo come forma suprema della trasmissione dei pensieri”.

Noi, per quanto ci riguarda, ce la metteremo tutta per tornare ad essere una comunità vera, dove al potere dei soldi e del consumismo sia sostituita la sete del sapere, della giustizia, della legalità e della pace.

Infine una proposta: ci farebbe che a Sant’Arpino si istituisse un Comitato di etica pubblica, costituito da alcune figure di “saggi” della nostra Comunità, e che fosse presieduto proprio da Giuseppe Limone. Il Comitato potrebbe “moderare” il dibattito politico locale invitando le parti in competizione ad elevare il livello del confronto e a mettere al centro della discussione i temi di reale interesse pubblico. Lo stesso comitato potrebbe poi “vigilare” sull’operato della prossima amministrazione affinché ci sia coerenza tra quanto affermato in campagna elettorale e quanto poi realmente si andrà a fare. Sarebbe questo un modo per “allineare” la classe dirigente di Sant’Arpino alla nuova idea metodologica di cui lo stesso Limone si sta facendo ispirato promotore.

Comitato Sant’Arpino Libera@Democratica

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