“Il festival a casa del boss”, premio alla carriera a Pietro Nardiello

di Redazione

Pietro NardielloNAPOLI. “Per meriti culturali e sociali come proficuo insegnamento per le generazioni future”. Questa la motivazione grazie alla quale Pietro Nardiello è stato insignito del premio alla carriera.

L’autore del fortunato libro “Il Festival a casa del boss” ha ottenuto il riconoscimento nel corso della sesta edizione del Premio nazionale di poesia “Alfonso Gatto”, giovane che a soli 24 anni ha perso la vita in un incidente stradale.Un premio assegnatogli dalla giuria della ventesima edizione del “Premio internazionale Città di Pomigliano”.Il prestigioso consesso ha, inoltre, permesso all’ideatore del Festival dell’Impegno Civile di condividere la storia del “dietro le quinte” della manifestazione dell’antimafia sociale più importante in Terra di Lavoro.

Il ricordo del giornalista partenopeo va al primo incontro con Mauro Baldascino e Valerio Taglione del Comitato don Diana con l’obiettivo di realizzare il progetto chimerico di portare cultura, musica e dibattiti sul fenomeno criminale nelle terre confiscate alla mafia, a “casa dei boss” appunto. Gli abitanti di Castel Volturno, San Cipriano, Casal di Principe, Ottaviano, Maiano, roccaforti della mafia casertana, sono chiamati a testimoniare la volontà di squarciare la cortina di silenzio omertoso seguendo l’esempio proposto da don Peppe nel suo j’accuse ai Casalesi: ”Per amore del mio popolo non tacerò”.

Tuttavia, come riconosciuto da Nardiello: “Non si può raccontare la storia di questo Festival senza guardare a ciò che accade intorno, nei luoghi dove le storie si intrecciano inconsapevolmente e incidono sugli umori delle persone condizionandone i comportamenti”.

L’analisi del quadro temporale in cui fervono i preparativi per la prima edizione del festival, previsto per il 27 giugno 2008,si presenta così fondamentale.L’assassinio del commerciante Domenico Noviello, che sette anni prima aveva denunciato il clan estorsore e l’esecuzione pubblica dell’imprenditore Michele Orsi che stava minacciando rivelazioni sconvolgenti sull’asse politica-mafia- impresa è un messaggio chiaro: inutile ribellarsi. Allo stesso tempo la conferma in Assise della sentenza della sentenza in primo grado del processo Spartacus infierisce un colpo letale ai vertici del clan dei Casalesi.

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L’inatteso successo della tre giorni della prima edizione del Festival dell’Impegno, nato tra lo scetticismo, con fondi limitati e solo grazie alla determinazione di un pugno di volontari, dimostra comunque che l’impossibile è divenuto realizzabile.

“Ma inutile negarlo, questo non potrà mai essere un festival come gli altri”; di fatti la strage di San Gennaro (19 settembre 2008), in cui il gruppo di fuoco di Setola trucida sei immigrati africani a Castel Volturno, accende i riflettori della stampa mondiale su queste terre di mafie. La kermesse è chiamata a fare un salto di qualità: divenire punto di riferimento per l’antimafia civile. Magistrati illustri come Magi e Cafiero de Raho, studiosi quale Isaia Sales, artisti come Beppe Barra, giornalisti di fama nazionale, abbracciano il progetto e utilizzano la manifestazione per discutere del fenomeno mafioso ma anche del degrado urbano dovuto alla speculazione edilizia e del riutilizzo dei beni confiscati ancora limitato da normative inadeguate.

“Il Festival a casa del boss” è la storia della manifestazione culturale itinerante che si svolge esclusivamente nei beni confiscati alla camorra, ma non solo. E’ il racconto parallelo degli sforzi che dal 2008 il popolo dell’agro- casertano sta profondendo nella sua battaglia per il riscatto sociale. Lo scrittore napoletano con la sua opera ha voluto inoltre sostenere un progetto non meno ambizioso per i giovani di queste terre.

I diritti d’autore saranno infatti devoluti da Nardiello all’associazione “Resistenza Anticamorra” per la realizzazione di un ristorante sociale a Scampia dove lavoreranno i giovani disagiati. E’possibile diffondere la speranza di una vita onesta nelle periferie dei clan partendo da una pizza? Sembrerebbe un’utopia, o meglio “un’utopia concreta”. Come nel 2007, quando Nardiello favoleggiava di un Festival itinerante nei beni confiscati ai mafiosi.

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