Omicidio albanese: ordinanze per Santoro e Bartolucci

di Redazione

SetolaSAN MARCELLINO. I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta, in un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno arrestato due affiliati al clan dei casalesi, gruppo Setola, …

… che avrebbero rivestito un ruolo determinante, in concorso con i componenti del commando, nell’omicidio del cittadino albanese Ramis Doda, commesso a San Marcellino nel 2008, all’esterno del bar “Freedom”.

Si tratta di Salvatore Santoro, 25 anni,di Trentola Ducenta,Giovanni Bartolucci, 32, di San Marcellino.Le indagini, condotte con il supporto delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Oreste Spagnuolo, ex setoliano, avevano già portato nel novembre 2009 all’emissione di ordinanze nei confronti di sei indagati: il boss Setola e Giovanni Letizia, col ruolo di mandanti ed esecutori materiali, Alessandro Cirillo e lo stesso Spagnuolo, col ruolo di autisti dei due killer, Salvatore Santoro e Giuseppe Guerra, basisti e organizzatori delle fasi preparatorie e terminali dell’agguato.

Il provvedimento, però, non veniva confermato nei confronti di Guerra e Santoro dal Riesame, che aveva ritenuto carenti gli elementi di colpevolezza a loro carico.Poi, il successivo pentimento di Guerra ha consentito la riapertura delle indagini, confermando le accuse e le responsabilità di Santoro e permettendo di accertare il ruolo, finora non emerso, di Bartolucci. Quest’ultimo, previ accordi con Guerra, aveva individuato il bar “Freedom” quale luogo adatto per l’omicidio, ed aveva intrattenuto la vittima in attesa che agisse il gruppo di fuoco. Mentre Santoro, oltre ad osservare l’eventuale presenza delle forze dell’ordine, aveva segnalato al commando di poter entrare in azione.

L’agguato fu deciso dopoche Setola individuò l’albanese come autore di furti in appartamento e furti con il metodo del “cavallo di ritorno”, in contrasto con la logica di “controllo del territorio” stabilita dal boss. Una “punizione” che diveniva ancora più violenta nel caso i responsabili fossero stranieri.

L’omicidio, dunque,venne commesso nell’ambito della cosiddetta “strategia del terrore” attuata dal boss Giuseppe Setola, che aveva come obiettivo l’assoggettamento dell’intera collettività della provincia casertana attraverso la sistematica eliminazione di testimoni di giustizia, imprenditori, congiunti di collaboratori di giustizia, ex affiliati e persone straniere. Nell’arco di sette mesi, tra il 2 maggio e il 12 dicembre del 2008, si contarono 18 morti e otto feriti.

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