Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi. Ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli imprescindibili.
Queste parole, pronunciate da Bertolt Brecht, noto drammaturgo, poeta e regista tedesco della prima metà del 900, descrivono a pieno le sembianze di un eroe. Un eroe comune, che, però, non può essere chiunque. Un eroe come Giovanni Agnelli. Già, quelluomo che da solo è stato lanima di un progetto importante come la Fiat e che, praticamente da solo, ha costruito le basi per dare slancio ai suoi sogni ed a quelli di migliaia di gente che ancora oggi non lo dimentica.
Oggi, 24 gennaio, ricorrono i 10 anni dalla sua morte, avvenuta per carcinoma della prostata. Per loccasione si è tenuta una messa solenne in suo ricordo celebrata dallarcivescovo Cesare Nosiglia. Tante personalità di peso della politica e del pallone hanno preso parte alla liturgia:Luca Cordero di Montezemolo, il presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano, i ministri Fornero, Grilli e Profumo, componenti della società Juventus quali Marotta, Mazzia, Nedved, Conte, Buffon, Pessotto, Gentile, Boniperti, il settore Primavera, ma anche Causio, Ferrara, Bettega, Cabrini, Tacconi, Torricelli, Morini, Porrini, Anastasi.
Nel pomeriggio anche il sindaco Fassino non si esenterà dal ricordare lAvvocato in presenza di John Elkann e Sergio Marchionne. Cesare Nosiglia ha pronunciato parole importanti durante la messa: Percepisco chiaramente le tracce del suolavoroe dellostileche ha impresso alla sua azienda e alla città di Torino stessa. A dieci anni dalla sua morte è importante manifestare anche pubblicamente isentimentidiriconoscenzaper quei frutti che possiamo cogliere ancora oggi dal lavoro dell’Avvocato. Gesti come lo sforzo per conquistare a Torino la designazione per le Olimpiadi invernali dimostrano la necessità di continuare a “costruire futuro” per la sua città.
Anche sul sito ufficiale bianconero si rende omaggio a Giovanni Agnelli: Ben prima di diventare l’Avvocato, era già innamorato della sua squadra. Fu Presidente dal 1947 al 1953, ma anche dopo aver lasciato il timone rimase sempre al fianco della Juve, accompagnandola con l’entusiasmo di un tifoso e la competenza di un esperto, regalando carezze o giudizi taglienti, sempre però dettati dalla più sincerapassione. Oggi Giovanni Agnelli è per tutti ancora unpunto di riferimento: il suo stile, i suoi gusti, la sua personalità, sono diventati, o meglio, sono rimasti, un metro di giudizio. In economia, in politica, nello sport. Ogni realtà che lo abbia visto protagonista sente non il dovere, ma la necessità di confrontarsi con quello che si ritiene potrebbe essere il suo pensiero. Una presunzione che in realtà nasconde il desiderio di apprezzamento. Perché sentir dire sarebbe piaciuto allAvvocato, vale quanto un diploma e sforzarsi di ottenerlo è il modo più giusto di onorarne la memoria. La Juve, la sua Juve, ci sta provando e, crediamo, ci stia riuscendo.Ci piace immaginarlo seduto al suo posto, allo Juventus Stadium, ad applaudire entusiasta. E, finita la partita, tornare verso Villa Frescot orgoglioso, sorridendo al pensiero chela sua Juvesia inbuone mani.
Malinconico Claudio Marchisio: Purtroppo non ho la foto di quando Giovanni Agnelli ci strinse la mano, uno ad uno, nel mio primo anno alla Juventus. Eravamo al comunale. Sarebbe stato bello condividere con lui e Umberto Agnelli l’ultimo scudetto vinto.
Anche dallAustralia, precisamente da Sydney, Alessandro Del Piero ha fatto sentire la sua vicinanza: Quando le persone entrano così tanto nella testa e nel cuore, in fondo, non se ne vanno mai davvero. Eppure manca. Manca il suo amore per lo sport, per il calcio, per la sua Juventus, per la sua Ferrari, per le sue barche, per la sua Torino. Manca agli juventini, manca a tutti gli italiani. E manca a me, che ho avuto la fortuna e lonore di fare un piccolo pezzo di strada con lui. La prima volta che lo vidi è legata ad un ricordo particolarmente piacevole per me, ovvero la mia prima tripletta in serie A. Per me era tutto nuovo, avevo diciotto anni, appena inserito in prima squadra, aggregato dalla Primavera. Era la vigilia della partita contro il Parma. Non so se l’Avvocato mi conoscesse. O meglio, di certo mi conosceva perché era un grande intenditore di calcio e molto curioso – dunque si era informato anche del nuovo arrivo, che ero io -, ma ovviamente riservò la sua confidenza ai giocatori che allora erano più affermati. Noi eravamo appena usciti dalla Coppa Uefa, ed eravamo anche stati contestati dai nostri tifosi, il Parma aveva invece vinto contro l’Ajax. L’Avvocato portò proprio con sé un giornale, per stimolarci a dare il massimo, reagendo a quelle critiche. Il giorno dopo battemmo il Parma nettamente, e io segnai la mia prima tripletta con la maglia della Juve. Questo è stato il primo impatto con lui, con il suo carisma e con l’entusiasmo che sapeva trasmettere.