SANTA MARIA CV. Otto provvedimenti di fermo sono stati eseguiti dai carabinieri della compagnia di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nellambito delloperazione Dea Bendata.
Gli indagati sono ritenuti responsabili di usura ed estorsione. Dalle indagini è emersa lesistenza di un gruppo di persone che perpetrava unattività usuraria nei confronti di una donna, titolare di una ricevitoria del lotto di Maddaloni (Caserta), arrivando ad estorcere alla vittima complessivamente fino a 400 euro al giorno per i soli interessi sulle somme prestate. I militari dellArma hanno anche eseguito dei decreti di sequestro finalizzati al recupero del denaro illecitamente percepito dagli usurai.
Gli otto fermati sono: Tommaso Giglio, 47 anni, titolare di una gioielleria; Costanza Orso, 40, moglie di Giglio; Lorenzo Vinciguerra, 30, commerciante; Luigi Marciano, 23; Francesco Carfora, 62; Giuseppe Fedele, 60, commerciante; Michele Cioffi, 63, pensionato; Gaetano Galbiati, 44, ex agente di polizia penitenziaria.
La vittima denunciava la sua situazione alla compagnia carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, accompagnata dal responsabile provinciale dellassociazione antiracket, Pietro Russo, esternando il suo timore di recarsi al commissariato di zona dove prestava servizio il fratello di uno dei fermati.
La donna raccontava che, per via di una crisi di liquidità insorta intorno alla metà del 2011, era stata costretta a chiedere un prestito a Giuseppe Fedele, che si offriva di anticipare a titolo oneroso lammontare delle vincite superiori a 2200 euro, fino al quale è consentita la riscossione presso la ricevitoria. La prima elargizione ammontava a 3mila euro, con pagamento di interessi pari a 300 euro con cadenza settimanale. Il prestito, però, raggiungeva progressivamente limporto complessivo di 42.500 euro circa per sorte capitale, con corresponsione di 23mila euro a titolo di interessi nellarco di soli sei mesi, durante i quali la vittima versava allusuraio la somma complessiva di 65mila euro.
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VIDEO gli arrestati |
Limpossibilità di versare le somme induceva la donna a ricorrere a distinti ed ulteriori rapporti di prestito, dinanzi alla necessità inevitabile di corrispondere rate in restituzione – maggiorate nell’arco di un solo semestre di interessi elevati (superiori al 100% rispetto alla sorte capitale) – contratte con la ricezione del primo prestito, così da innescare un meccanismo a catena che coinvolgeva distinti creditori-usurai, successivamente identificali negli altri indagati.
L’importo complessivamente ricevuto in prestito dalla vittima ammontava a circa 100mila euro, mentre la somma restituita in soli sei mesi risultava pari al doppio dellimporto medesimo, con corresponsione di interessi usurari in misura superiore al 400% annuo. La vittima si rivolgeva ad un secondo usuraio per corrispondere le rate di interessi relativi al prestito elargito dal primo, fino a dover fronteggiare ben quattro distinti rapporti debitori.
A quel punto decideva di vendere i locali della ricevitoria e cedere lattività. Ma non era finita. Dopo il rifiuto della donna di esaudire le incessanti richieste degli indagati, causa la sua indisponibilità economica, era arrivata a subire minacce da Giglio e Marciano, nei suoi confronti, del coniuge e delle figlie minori. Minacce che, nel frattempo, erano culminate nellincendio appiccato allauto del marito e allaggressione subita da un suo dipendente.
Tra laltro, i carabinieri rilevavano come tutti gli indagati non abbiano effettuato dichiarazioni di redditi negli ultimi anni o che comunque le dichiarazioni rechino un valore annuale notevolmente inferiore rispetto alla disponibilità dei beni nella loro disponibilità. Da qui il sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca e al recupero del denaro illecitamente percepito.
Dalla procura di Santa Maria Capua Vetere sottolineano come, ancora una volta, grazie allimportante decisione della vittima di denunciare i propri usurai, è stato possibile far emergere un quadro di accuse che ha portato ai decreti di fermo nei confronti delle otto persone che, fanno sapere gli investigatori, non hanno alcun collegamento con la criminalità organizzata locale.