GRICIGNANO. L’operazione “Talking Tree” rappresenta l’epilogo di una prolungata attività investigativa, avviata dalla squadra mobile di Caserta nel 2009, all’epoca finalizzata alla cattura del latitante Antonio Iovine, alias “’O Ninno”, poi proseguita congiuntamente alla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Firenze, che ha riguardato una cellula operativa del clan dei casalesi insediata in Toscana, nel comprensorio di Viareggio (Lucca), riconducibile al gruppo Schiavone-Russo, ed in particolare alla fazione Lucariello-Mundo, egemone nei comuni casertani di Gricignano, Succivo e Orta di Atella.
LA FAZIONE IN TOSCANA. L’indagine, oltre che consentire di ricostruire l’organigramma della fazione attiva in Toscana, ha permesso di svelarne le diffuse attività estorsive, praticate soprattutto a danno di imprenditori, anch’essi originari del casertano, ma da tempo insediati in Toscana. In particolare, venivano appurati: i ruoli di Salvatore Mundo, alias “’O Mister”, e della moglie Maria Grazia Lucariello (sorella di Orlando Lucariello, reggente del clan nel comprensorio di Gricignano, poi divenuto collaboratore di giustizia) di organizzatori e referenti in Toscana del clan dei casalesi, gruppi Schiavone-Russo, stabilmente impiegati nella raccolta delle tangenti, e Mundo anche quale capozona nel comprensorio di Succivo.
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I RUOLI NEL CLAN – Emersi, inoltre, l’organicità e, nonostante la giovane età, la funzione di organizzatore e di gestore delle attività estorsive e della cassa del clan assunta da Costantino Russo, figlio di Giuseppe Russo, alias “’O Padrino”, storico boss del clan dei casalesi, referente del gruppo Schiavone nel comprensorio di Aversa, detenuto in regime di 41bis; il ruolo di Giuliano Martino, cognato di Giuseppe Russo, quale referente del clan deputato a mantenere i rapporti tra i vertici del sodalizio casalese e la cellula degli affiliati insediata in Toscana; il ruolo di Maurizio Di Puorto quale referente del clan Iovine in Toscana, deputato al ruolo di collettore di tangenti e di “messaggero” dell’organizzazione; il ruolo di Francesco Martino, fratello di Giuliano, quale referente del clan dei casalesi in Toscana con il ruolo di rafforzarne la capacità di intimidazione, eseguendo richieste estorsive ed azioni intimidatorie, raccogliendo in Versilia le tangenti poi consegnate ai referenti locali o a quelli nel territorio casertano, reclutando anche altri affiliati trasferitisi stabilmente in Toscana; il ruolo dei fratelli Gianluca e Guglielmo De Chiara e del cugino Francesco De Chiara e di Nicola Garzillo quali affiliati deputati alla consumazione di azioni intimidatorie nei confronti degli imprenditori vessati, di custodire e trasportare le armi a disposizione del sodalizio; il ruolo di alcuni imprenditori considerati dagli inquirenti “a disposizione” del clan con la funzione di veicolare le richieste di tangenti, agevolando le richieste estorsive, anche indicando l’inizio di nuovi appalti e lavori, o assistendo ed ospitando gli affiliati casalesi; Marcello Mormile con il ruolo di esattore di tangenti, uomo di fiducia e braccio armato di Mundo e Maria Grazia Lucariello.
ESTORSIONI E INTIMIDAZIONI. Le indagini, supportate da attività tecniche, venivano suffragate anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Orlando Lucariello, Salvatore Laiso e Salvatore Venosa. Accertati numerosi reati estorsivi a danno di imprenditori, danneggiamenti tramite incendio, delitti in materia di armi e stupefacenti, posti in essere dagli indagati, avvalendosi dalla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, prevalentemente in Toscana ma anche nel comprensorio casertano, grazie anche ai continui e periodici viaggi che Mundo e la Lucariello effettuavano nel casertano, al fine di perpetuare il ruolo di rispettati capizona del clan dei casalesi da loro ricoperto.
ATTRITI NEL CLAN. Sono emersi anche attriti, sfociati in reciproche azioni intimidatorie a mano armata, tra le fazioni Autiero e Mundo-Lucariello, determinate dalla contesa del controllo di attività illecite concernenti gli stupefacenti. Nel corso delle indagini, a conferma della pericolosità dell’organizzazione e della disponibilità di veri e propri arsenali, venivano sequestrate in diverse circostanze armi da sparo con l’arresto in flagranza di alcuni degli affiliati.