ROMA. “Il Parlamento è sovrano, o almeno dovrebbe esserlo” e, citando gli articoli 76 e 77 della Costituzione, “se l’Italia è senza governo (in realtà è in carica il governo Monti) ha però un Parlamento che può già operare per cambiare il Paese”.
Così Beppe Grillo, dal suo blog, invoca un Parlamento che riprenda “la sua centralità nella vita della Repubblica” e non uno in cui “le leggi, sotto forma di decreti, sono emesse al suo posto dal governo, e in seguito convertite sotto il ricatto del voto di fiducia”. Insomma, l’attacco è ai “soldatini di piombo senza voce» che siedono alla Camera e al Senato, «con l’eccezione dei parlamentari” del Movimento 5 Stelle.
La bacchettata è perché l’articolo 76 recita: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”, e il primo comma del 77 aggiunge che “il governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria”. Di conseguenza, secondo il leader del Movimento, “non è necessario un governo per una nuova legge elettorale o per avviare misure urgenti per le pmi o per i tagli delle Province”.
Secondo Grillo, quindi, far “passare l’idea che senza governo il Paese è immobile, congelato, in balia dello spread, delle agenzie” è falso perché “si tace sul fatto che le leggi per le riforme possono essere discusse e approvate senza la necessità di un governo in carica. Anzi, si rallenta qualunque processo decisionale e operativo spostando sine die la istituzione delle Commissioni senza alcun motivo, se non quello di attribuire in seguito i posti di presidenza ai trombati da cariche governative”.
Lanciando lo slogan “Si può fare” sotto forma di hashtag, l’etichetta che dà risalto a un argomento su Twitter, il portavoce dell’M5S risponde anche a chi sostiene che “un mancato accordo” del Movimento 5 Stelle con il Partito democratico “impedirebbe la rimozione di quest’ultimo dalla scena politica”: “Invito la cosiddetta opposizione a votare in aula l’ineleggibilità di Berlusconi, l’approvazione di una legge sul conflitto di interessi della cui assenza si gloriò Violante alla Camera, l’abolizione della legge Gasparri, la rinegoziazione delle frequenze nazionali generosamente concesse a Berlusconi da D’Alema nel 1999”.
Nel pomeriggio Paolo Becchi, professore di Filosofia del Diritto all’Università di Genova e amico di Grillo, intervenendo a “La Cosa”, il canale audiovideo ufficiale, ha rilanciato l’idea della “prorogatio: si proroga il governo in carica per gli affari correnti e al contempo si iniziano a fare le leggi necessarie in Parlamento. Poi si può andare alle elezioni”. Becchi ha anche invocato la riforma elettorale, scaricando la “responsabilità totale” di questa situazione di stallo su “Bersani, che sta giocando d’azzardo con il paese perchè lui sa che i numeri al Senato non li ha. Per lui è un’operazione vincente, ma perdente per il paese. Nel momento in cui lui giura, anche non ottenendo la fiducia, resta in carica come governo dimissionario”. Riguardo al ruolo del garante della Costituzione, Giorgio Napolitano, il giurista aggiunge: “Il presidente della Repubblica se la sente di avallare un’ipotesi di governo del genere? Questa è un’azione irresponsabile, anche perchè se dovesse riuscire l’operazione di Bersani quale serietà avrebbe questo governo?”.
Stefano Ceccanti, costituzionalista, ed ex senatore del Pd, ricorda a Grillo che “Parlamento e Governo in una forma parlamentare non sono affatto rigidamente separati, sono corresponsabili dell’indirizzo politico. Grillo invece propone sostanzialmente una visione tradizionale giacobina la quale tendeva a sostituire la sovranità assoluta del Re con quella dell’Assemblea”. L’esperto sottolinea che chiedere al Parlamento di surrogare il Governo “non regge nè dal punto di vista teorico nè da quello pratico”.