I marò restano in Italia: l’ira del premier del Kerala

di Redazione

Oommen ChandyROMA. Il caso dei marò prende in contropiede l’India. Il “chief minister” del Kerala, Oommen Chandy, ha duramente criticato la decisione dell’Italia di far restare in patria i due militari tornati con un permesso per votare definendola “inaccettabile”.

Lo scrivono oggi i media indiani. Il politico ha detto che intende recarsi a New Delhi oggi stesso per incontrare il ministro degli Esteri, Salman Khurshid. “È completamente inaccettabile. La nostra posizione – ha ribadito – rimane che devono essere processati in India. Stiamo cercando anche di esplorare gli aspetti legali”. Intanto la mossa di Roma ha sollevato la collera dei pescatori del Kerala che si sentono “imbrogliati” dall’Italia. L’associazione di categoria guidata da T.Peter ha annunciato una protesta pubblica in cui saranno bruciate le immagini dei due marò.

Dora, la moglie di Gelastine Valentine, uno dei due pescatori morti nell’incidente del 15 febbraio 2012 in cui rimasero implicati due marò, ha chiesto che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone “siano riportati in India”, perché “io non ho ancora avuto giustizia”. Ai media indiani la donna si è unita alle proteste locali sostenendo che “questa non è altro che una cospirazione al più alto livello ed il governo indiano dovrebbe fare in modo che i due ritornino e sostengano il processo nel nostro paese”.

La decisione italiana era maturata da tempo. Ma naturalmente ha avuto l’effetto di una sorpresa quando, ieri pomeriggio, è stata comunicata dall’ambasciatore Daniele Mancini a New Delhi al governo indiano. I due marò non torneranno in India. Girone e Latorre erano rientrati in Italia per un permesso di quattro settimane il 23 febbraio scorso. Permesso che ufficialmente era stato chiesto per consentire ai due di votare, e poi di trattenersi con le famiglie con la promessa che sarebbero rientrati.

La Corte Suprema indiana non ha fatto problemi: già per le vacanze di Natale era stato dato un permesso ai due fucilieri, con molte polemiche allora dagli indiani che temevano – in termini brutali – il bidone, e con la promessa autografa del ministro degli Esteri Giulio Terzi che i due imputati sarebbero rientrati. Venne pagata anche una cauzione. E i due infatti rientrarono, anche con un paio di giorni d’anticipo sulla data ultima. Con i complimenti della stampa indiana per la lealtà dimostrata. Stavolta le garanzie pretese sono state ridimensionate, data anche la buona prova precedente.E il tribunale era cambiato: il caso era passato dall’Alta Corte del Kerala alla Corte Suprema. Ai due fucilieri è stato chiesto di firmare un affidavit, e all’ambasciatore Mancini una lettera d’impegno personale sul rientro dei due imputati.

La tv “all news” indiana Cnn-Ibn – che da lunedì sera dedica ampio spazio alla vicenda – si domanda se “sarà davvero un caso” che proprio ieri il governo di New Delhi aveva ricevuto dal governo italiano materiale riguardante le presunte tangenti pagate per la commessa di 12 elicotteri della Agusta Westland all’aviazione indiana. In febbraio, nota l’emittente, “il ministro degli Esteri Salman Khurshid aveva detto: “Il governo italiano ci ha chiesto di intervenire (sulla vicenda dei marò), ma non era possibile, nello stesso modo in cui non lo era per loro fare qualcosa per la nostra richiesta di documenti di Finmeccanica”. Ma lunedì, osserva Cnn-Ibn, “il governo italiano ha ceduto, mandando una prima parte di documenti all’India sulla vicenda degli elicotteri. La questione è ora di sapere se anche il governo indiano ha ceduto sul tema dei marò ed ha permesso loro di restarsene a casa con il sospetto di omicidio” di due pescatori.

Girone e Latorre erano stati arrestati in India il 19 febbraio dell’anno scorso. L’accusa è di aver ucciso quattro giorni prima due pescatori indiani che sarebbero stati scambiati per pirati. L’incidente è avvenuto in mare aperto, al largo dello stato indiano del Kerala, e i due marò erano in servizio anti-pirateria su una petroliera, la Enrica Lexie.

L’Italia ora propone di risolvere la controversia con “un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria”. La novità, rispetto all’epoca del primo permesso, è che l’India non avrebbe risposto alla richiesta di cercare insieme una “soluzione diplomatica” e che quindi il governo italiano – che ha preso la decisione – ritiene che sussista “una controversia con l’India”. I due militari restano iscritti nel registro degli indagati per omicidio volontario dalla Procura di Roma, che ha confermato di non aver ricevuto risposta dall’India in merito ai risultati richiesti degli esami balistici e delle autopsie.

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