CASERTA. Due ergastoli, una condanna alla pena detentiva di 13 anni e 6 mesi e un risarcimento dei danni alle parti civili di 300mila euro.
Questa la sentenza emessa dai giudici della corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere – presidente Maria Alaja – per l’omicidio dell’autotrasportatore Antonio Ciardullo, conosciuto come “Tonino” e del suo operaio, Ernesto Fabozzi, commesso al confine tra San Marcellino e Trentola Ducenta (Caserta) il 12 settembre del 2008 dal gruppo dell’ala stragista del clan dei Casalesi.
All’ergastolosono stati condannati il boss GiuseppeSetola,detto O Cecato e il suo fedelissimo Giovanni Letizia, detto O Zuoppo. Quest’ultimo, durante la fase dibattimentale, aveva ammesso di aver partecipato al duplice omicidio. A 13 anni e sei mesi di reclusione, invece, è stato condannato il collaboratore di giustizia di San Marcellino Giuseppe Guerra, ex affiliato agli Schiavone dal 1991.
Da lui, stando alla ricostruzione, si era recato nel 2008Setolaquando era fuggito da Pavia; il killer, per vendicare l’affronto di Ciardullo, che dieci anni prima aveva denunciato e fatto condannare Guerra e i suoi accolti che gli avevano chiesto il pizzo per il clan, aveva ordinato al capozona di San Marcellino di fare da “specchiettista” nella fase di preparazione del delitto. Così, nel settembre di cinque anni fa,Setolae Letizia salirono sulla motocicletta Transalp e, dopo una breve sosta, si recarono nell’officina di Trentola Ducenta di Ciardullo. Giunti sul posto, spararono all’impazzata uccidendo i due che erano impegnati a riparare il motore di un tir.
La pistola utilizzata daSetolaera la stessa che aveva ucciso lo zio di un pentito, Stanislao Cantelli e il ragioniere dell’agenzie di trasporti funebri di Giugliano, Lorenzo Riccio. Ma era stata utilizzata anche per il tentato omicidio di Salvatore Orabona.
Quattro i collaboratori di giustizia che durante il processo hanno inchiodato i sicari: oltre a Guerra hanno parlato Michele Barone, Francesco Diana e Oreste Spagnuolo. Quest’ultimo ha raccontato di aver scoperto che i due avevano commesso un fatto di sangue solo quando tornarono nel covo di Giugliano: “Ascoltando il tg regionale della sera aveva detto Setolasi era rammaricato di aver ucciso un innocente, un marocchino che si trovava lì per caso”. Era, invece, Ernesto Fabozzi, appena tornato dalle ferie e, quindi, abbronzato.
La sentenza di oggi accoglie in pieno le richieste avanzate dal pm della Dda di Napoli, Cesare Sirignano, che aveva guidato le indagini successive al delitto e aveva poi chiesto una pena esemplare per i tre. La Corte ha anche riconosciuto una provvisionale di 300mila euro per ciascuna delle 8 parti civili costituitesi (ovvero ai tre familliari di Ciardullo e aicinque di Fabozzi, ndr) e un risarcimento di 50mila euro al Fai (Federazione delle associazioni Antiracket italiane) e all’Uac (unione Antiracket Casertana) difesi dall’avvocato Giovanni Zara.