NAPOLI. Un ingente quantitativo di morchie (residui della lavorazione dei metalli pesantemente inquinate da idrocarburi) sono stati mescolati al terreno e sotterrati di nascosto nel Parco dello Sport, una delle struttura dell’ex area industriale di Bagnoli.
È uno degli episodi emersi dalle indagini della procura di Napoli sull’inquinamento nella zona occidentale della città. Un patto su più livelli, che avrebbe coinvolto i vertici di Bagnolifutura, la società di trasformazione dell’ex acciaieria, ma anche un dirigente del Ministero dell’ambiente, dirigenti di comune e provincia, finanche di Arpa e Università.
L’illecito sarebbe avvenuto, secondo la ricostruzione dei magistrati, grazie a false certificazioni che qualificavano le morchie oleose come terreni “di riporto”. L’interramento clandestino avvenne nel corso di un fine settimana (sabato 6 domenica 7 ottobre 2007).Gli interventi di bonifica non hanno fatto altro che aggravare la contaminazione dei terreni.Tanto che sussiste un “pericolo ambientale con una immensa capacità diffusiva che coinvolge l’ambiente e l’integrità della salute di un numero non individuabile di persone”.
È quanto scrivono i magistrati della procura di Napoli – il pm Stefana Buda e i procuratori aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso – nel capo di imputazione, relativo all’ipotesi di disastro ambientale, nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento a Bagnoli. I pm parlano di “aggravamento dello stato di contaminazione dei terreni all’esito della bonifica rispetto allo status quo ante”.
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Ciò sarebbe avvenuto “in conseguenza dell’accertato miscelamentoe della gestione illecita dei rifiuti pericolosi in corso di bonifica che hanno comportato un incremento del rischio e della pericolosità ambientale e per la salute umana”. Questo a causa della “maggiore mobilità delle sostanze pericolose che, se aggregate, risultano più stabili” come accertato dalle analisi effettuate sulle aree che risultano bonificate. Si è accertato inoltre “non solo che i terreni non sono stati affatto bonificati ma altresì che la contaminazione, all’origine a macchia di leopardo, è stata spalmata su tutte le aree, alle diverse profondità dei terreni, cagionando un danno ambientale rilevante e irrimediabile”. Un danno “ulteriormente aggravato dalla mancata messa in sicurezza con lo strato di terreno superficiale”dal momento che tale strato “è ancora più inquinato dei terreni sottostanti”.
Tra le accuse mosse ad alcuni indagati nell’inchiesta sul disastro ambientale a Bagnoli, vi è lo sversamento in mare di sostanze inquinanti, in particolare idrocarburi, nel corso di diversi anni. Ciò ha provocato “un disastro ambientale determinando una situazione di pericolo per l’ambiente e per l’uomo derivante dallo sversamento in mare di pericolosi inquinanti cancerogeni provenienti da monte”.
L’inquinamento è stato conseguenza del “cattivo funzionamento della barriera idraulica”. Gli inquinanti, confluendo nella vasca di calcestruzzo della colmata, finivano direttamente in mare. Inoltre il telo di copertura che dovrebbe isolare i materiali contaminati, stivati nel corpo della colmata, è risultato in condizioni di degrado in più punti affiorante e lacerato.
Una serie di iniziative da intraprendere per mettere riparo alla grave situazione ambientale che si è determinata a Bagnoli: è quanto dispone nel decreto eseguito oggi il collegio dei gip (presidente Bruno D’Urso, giudici Francesco Chiaromonte e Luigi Giordano) che, dopo aver esaminato gli atti, dettano un programma di interventi. In primo luogo per l’area dell’ex Italsider occorre “un nuovo progetto di bonifica e/o messa in sicurezza permanente che rispetti la destinazione urbanistica come prevista dagli attuali strumenti urbanistici”. Tali interventi dovranno essere ultimati in un arco di tempo tra “i sei e i dodici mesi”.
La rimozione della colmata viene definita “doverosa”; nelle more occorre un “recupero di efficienza del complessivo sistema di messa in sicurezza di emergenza già costruito nel 2002 e in parte implementato nel 2008 funzionale a evitare la dispersione degli inquinanti in area o in mare”.
Inoltre, bisognerà predisporre “un sistema stabile e continuo di controlli di qualità sulle acque in ingresso e in uscita dal sistema depurativo” (in tempi rispettivamente di sei mesi e un mese). Per attuare questi interventi i giudici hanno nominato custode-amministratore l’attuale presidente di Bagnoli Futura, Omero Ambrogi.
Gli ex vertici della stu rispondono di truffa e disastro ambientale, assieme all’ex direttore del ministero dell’ambiente Mascazzini , Coinvolti per altri reati invece dirigenti degli enti locali (provincia e comune) e dell’arpac, oltre ad alcuni tecnici, capicantiere e imprenditori di ditte appaltatrici.
Un’inchiesta che vede coinvolti, per l’ipotesi di truffa e disastro ambientale, l’ex direttore del ministero dell’ambiente Gianfranco Mascazzini, i due ex vicesindaciSabatino Santangelon eRocco Papa, Mario Hubler(oggi impegnato sul fronte dell’America’s cup),Alfonso De Nardo(Arpac). In tutto sono ventuno gli indagati, in una vicenda in cui si ipotizzano vario titolo anche le ipotesi di falso, e favoreggiamento. Tra gli indagati ancheMaria Teresa Celano(dirigente sponsabile area ambiente della Provincia) eGiuseppe Pullo, responsabile del dipartimento ambiente del comune di Napoli.
L’inchiesta, nata dopo la denuncia di una donna morta di tumore al polmone nel 2011, è coordinata dagli aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso, al termine del lavoro del pm Stefania Buda.