Piccione viaggiatore? Troppo lento e primitivo. Lettera scritta a mano? Troppo sdolcinato e faticoso. Writing sui muri? Troppo scenografico. Facebook? Troppo commerciale. Sms? Troppo cari: 15 centesimi in media, ben 300 lire del vecchio conio.
Bisogna, dunque, costantemente anestetizzare la crisi economica che scalcia inferocita. E allora qual è il modo più semplice, istantaneo ed economico da utilizzare per comunicare al giorno d’oggi? Un’App. Una comoda multi – piattaforma che consente di scambiare messaggi di testo via web con tutti i contatti ospitati nella rubrica del proprio telefono, rigorosamente Android, Iphone o Smartphone, in tempo reale.
Whatsapp è la strofa di una canzone composta da grafemi virtuali ed emoticons colorate. Whatsapp è la scansione delle tracce dell’incomprensibile compito di fisica inviato al secchione della classe per risolvertelo. Whatsapp è la polaroid del ventunesimo secolo che immortala i tuoi piedi nella sabbia nel momento in cui stai ammirando il mare e li invia al tuo migliore amico che intanto rode spiaccicato su un divano. Whatsapp è persino il cupido che ti aiuta a recitare parole d’amore.
Whatsapp impazza tra i social network, scavalcando persino Twitter, “la piazzola dei Vip”, con 18 miliardi di messaggi giornalieri e 200 milioni di utenti mensili. Lunico compromesso è un piccolo abbonamento annuale, di 90 centesimi, per i nuovi utenti. In cambio, l’app conferma che non metterà pubblicità sulla piattaforma.
“Social network” è l’equivalente di “rete sociale” che, però, storicamente, nasce come rete fisica, costellata di persone in carne ed ossa, occhi, gote rosse, schiaffi, lacrime, grosse risate. Dovremmo ricordarlo.