Parla il figlio del ‘Capo dei capi’: “Sono fiero di lui”

di Mena Grimaldi

 PADOVA. “Solo quando si dimenticheranno di me potrò essere finalmente un uomo libero”. Sono le parole di Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss della mafia, Totò Riina.

Il figlio del boss, intervistato da Andrea Priante per il Corriere.it, parla della sua vita attuale e del rapporto che ha con il suo cognome. Il figlio di Riina, dopo aver scontato otto anni di carcere, si è trasferito a Padova dove vive in regime di sorveglianza speciale.

Al giornalista del Corriere dice che gli manca la Sicilia, ma di non poterci tornare al momento perché lì un Riina non viene lasciato tranquillo, mentre nel padovano può rifarsi una vita. Dice di vivere rispettando le regole: non può lasciare la città e può uscire dopo le 7 del mattina e rincasare prima delle 20. Alla domanda se siano vere le voci che circolano su un suo tenore di vita alto, risponde di no. “Vivo in affitto e mi sposto con i mezzi pubblici”, dice.

Ma quando il giornalista gli fa notare che indossa vestiti firmati, replica: “Un uomo deve vestirsi bene, con dignità. Come tutti i ragazzi della mia età mi piacciono i bei vestiti e li pago di tasca mia, con quello che guadagno lavorando onestamente”. Alla domanda su cosa sia per lui lo Stato, dice: “Credo nello Stato italiano. Poi, posso non condividere alcune delle leggi, ma l’importante è che le rispetto. Non mi riconosco invece in alcun partito politico e quindi non voto”.

E sul padre, il capo dei capi, dice: “Non ho mai avvertito il mio cognome come un peso, anche se a volte, quando mi sento tutti gli occhi puntati addosso, mi chiedo se potrò mai avere una vita normale… Ma voglio che sia chiaro: per me è un orgoglio chiamarmi Riina. È un cognome che mi è stato dato da due genitori capaci di insegnarmi tante cose: i valori, la morale. Io sono onorato di essere figlio di Totò Riina e Antonietta Bagarella”.

Alla domanda sul fatto che suo padre non sia mai pentito dichiara: “Ognuno ha la sua storia, a un certo punto nella vita si incontra un bivio e si sceglie la propria strada. Lui l’ha scelta e ha deciso di percorrerla fino alla fine, dal primo giorno fino alla morte, senza facili vie di scampo. Questo è un Stato che permette a delle persone di comportarsi da criminali per anni e poi, quando le arresta, basta che si dichiarino pentiti e possono uscire di galera. È un’assurdità”.

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