Strage bus, autista senza freni e trasmissione prima di precipitare

di Antonio Taglialatela

 AVELLINO. Il giorno dopo le esequie delle 39 vittime della strage sulla Napoli-Canosa l’interrogativo è: cosa è successo la sera di domenica 29 luglio, quando il bus, dopo aver travolto numerose autovetture, è precipitato dal viadotto “Acqualonga” dell’autostrada A16?

Sembra che due chilometri prima di infrangere il guardrail e cadere da un’altezza di trenta metri il pullman abbia perso pezzi del semiasse. I periti dovranno preliminarmente accertare la loro compatibilità con l’automezzo e successivamente verificare se la loro rottura abbia influito sull’efficienza dell’impianto frenante.

Tra le ipotesi quella di un mix fatale di circostanze, dovute al tratto pericoloso (comunque segnalato come tale da Autostrade), ad una frenata improvvisa del conducente, Ciro Lametta, anch’egli deceduto, e ad un guasto meccanico del pullman, vecchio di circa vent’anni e forse in non perfette condizioni, nonostante avesse superato l’ultima revisione lo scorso marzo. L’autista potrebbe essere arrivato “lungo” sul tratto, in forte pendenza, frenando all’improvviso e scaricando l’aria dei freni. Avrebbe provato a scalare le marce e, a quel punto, si sarebbe rotta la trasmissione (qui si spiegherebbe il ritrovamento dei pezzi di semiasse un paio di chilometri prima del punto di caduta). L’automezzo, non avendo più collegamento tra motore e ruote, sarebbe diventato ingovernabile per il conducente.

Potrebbe, però,anche essere verosimile che si sia verificata direttamente la rottura dell’albero di trasmissione che, agendo come un’elica impazzita, avrebbe tranciato i tubi dell’aria dei freni. L’ultimo, disperato, tentativo dell’autista sarebbe stato quello di appoggiare il bus sul guardrail, facendolo strisciare, per far rallentare il mezzo che, però, ha travolto le auto ferme sul viadotto ed è precipitato dopo aver sfondato la barriera di protezione. Ma, sottolineiamo, si tratta di alcune delle tante ipotesi sulle quali devono far luce gli inquirenti.

La perizia tecnica che la Polstrada sta predisponendo per il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, riguarda anche il tachigrafo del mezzo, rimasto gravemente danneggiato nello schianto, che non consentirebbe di acquisire utili elementi per ricostruire il percorso dell’autobus ed eventuali anomalie registrate durante il viaggio. Sotto la lente anche attraverso i fogli di registrazione precedenti all’incidente da cui gli investigatori potranno acquisire elementi di conoscenza circa la condotta di guida dell’autista.

Altrettanto importante è il capitolo che riguarda le condizioni della strada e del guardrail. Autostrade, in una nota, ha sottolineato che “le barriere (in cemento, con mancorrente in acciaio, ndr.) erano concepite per ammortizzare al meglio gli urti delle autovetture, che costituiscono la stragrande maggioranza degli urti”. Quel guardrail, spiegano gli esperti, è stato installato negli anni 90 ed è il più sicuro in circolazione: una barriera in calcestruzzo e acciaio in grado di sopportare un urto di un mezzo fino a 38 tonnellate lanciato ad una velocità di 65 km orari e con un’angolazione di 20 gradi. Tuttavia, i magistrati vogliono vederci chiaro su una serie di aspetti. Quell’autostrada, innanzitutto, è stata costruita oltre 40 anni fa e attraversa un territorio montuoso: due caratteristiche che richiedono parecchi interventi di manutenzione. Bisognerà, dunque, accertare se tali interventi siano stati realizzati e in che modo, compresa l’installazione corretta della barriera.

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