ROMA. Nella notte tra lunedì è martedì è stato raggiunto l’accordo tra la società spagnola Telefonica con Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo per salire, in un primo tempo, al 65% di Telco, la holding che controlla il 22,4% di Telecom. In un secondo tempo Telefonica salirà inoltre al 70% delle holding.
L’accordo, ufficializzato poco prima dell’apertura di Borsa, valorizza le azioni Telco (e di riflesso Telecom) a 1,09 euro per azione. Altalena e forti scambi in Borsa per Telecom dopo l’accordo tra i soci di Telco. Il titolo, dopo aver aperto le contrattazioni segnando +4%, ha regisrato un progresso dello 0,68%. Forti gli scambi, volumi intorno ai 100 mln di ‘pezzi’ a pochi minuti dall’avvio.
L’accordo prevede che dal prossimo 1 gennaio Telefonica potrà convertire le azioni rilevate con l’aumento di capitale in azioni con diritto di voto in Telco, portandolo così al 64,9%. L’accordo prevede che, al superamento del 50% della conversione, il Cda di Telco avrà 10 membri, con 5 nominati dai soci italiani e 5 da Telefonica ed i quorum assembleari vigenti invariati. Fatti salvi i posti riservati alle liste di minoranza, i restanti nominativi saranno indicati per metà dai soci italiani e per metà da Telefonica.
Per quanto riguarda il patto Telco, ciascun socio mantiene la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco, che potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 e il 30 giugno 2014 e una seconda finestra tra il 1 e il 15 febbraio 2015.
Sempre dal dal 1 gennaio 2014, Telefonica avrà l’opzione di acquistare tutte le azioni dei soci italiani in Telco, ad un prezzo determinato valorizzando la partecipazione di Telco in Telecom Italia al maggiore tra euro 1,1 e il prezzo di mercato delle azioni al momento dell’esercizio dell’Opzione Call. Lo riferisce la nota congiunta dei soci della holding Telco, che controlla il 22,44% di Telecom Italia.
“L’esercizio dell’opzione sarà soggetto all’ottenimento da parte di Telefonica di tutte le autorizzazioni regolamentari e antitrust”. In caso di esercizio della opzione, Telefonica – prosegue la nota – sarà obbligata ad acquistare, a valore nominale, anche tutte le quote residue del prestito obbligazionario emesso da Telco detenute dai soci italiani a fronte del pagamento di un corrispettivo composto per il 50% in contanti, e per il restante 50%, a scelta di Telefonica, in contanti o in azioni di Telefonica.
Intesa, Mediobanca e Generali avevano rifiutato nelle ultime settimane una proposta del socio spagnolo per parte delle quote, ma sono arrivati all’accordo, acconsentendo di far slittare di sei mesi la finestra utile per la disdetta del patto Telco. Questo darà modo a Telefonica di mandare in porto l’intera operazione che interesserebbe anche Tim Brasil. Qui, infatti, la società spagnola, che controlla già l’altro operatore brasiliano Vivo, dovrà trovare il modo di superare i paletti posti dall’antitrust del paese sudamericano.
Cassa Depositi e Prestiti, di cui si era ventilato un interessamento e che avrebbe potuto riportare la società telefonica italiana nell’orbita dello Stato, si è chiamata fuori: “Siamo una società con missione pubblica che utilizza risorse private. Il risparmio postale è la maggior fonte della nostra provvista, dobbiamo gestirlo oculatamente e questo fa si che molte delle cose che Governo e Parlamento ci chiedono non le possiamo fare”, ha affermato il presidente Franco Bassanini.
A valle dell’operazione restano altri nodi da sciogliere, tra questi il piano di scorporo della rete, parte del più ampio piano di societarizzazione che il 3 ottobre in teoria doveva essere all’esame del Cda. “Non è necessario imporcelo, vogliamo passare volontariamente a un modello di Equivalence of input” (parità assoluta d’accesso, ndr) ha sottolineato Patuano in un botta e risposta a distanza con il commissario dell’Agcom Antonio Preto che ha suggerito di “avviare i dovuti approfondimenti per accertare la sussistenza delle condizioni per imporlo come rimedio a garanzia della parità di accesso”.
Una dichiarazione che “non può rispecchiare né un orientamento della commissaria né dell’Agcom” perché “per procedere a uno scorporo non volontario credo che servano motivi di una gravità eccezionale che non esistono assolutamente” risponde il presidente esecutivo Franco Bernabé.
L’Autorità guidata da Marcello Cardani è entrata in aperto contrasto con Telecom dopo la decisione sul taglio dei prezzi dell’ultimo miglio (da 9,28 a 8,68 euro); la Commissione Ue aveva chiesto di rivedere la decisione, il Berec, l’organismo europeo che raggruppa le authority nazionali per le tlc, ritiene che i seri dubbi della Commissione non siano giustificati.