ROMA. Tentata estorsione aggravata all’ex premier Silvio Berlusconi. Per questa accusa Valter Lavitola è stato condannato in secondo grado, dalla Corte d’appello di Napoli a un anno e quattro mesi di reclusione, con una riduzione di un anno e quattro mesi rispetto alla pena inflitta in primo grado.
Il procuratore generale Domenico Parisi nel corso della requisitoria della scorsa settimana aveva chiesto uno sconto solo di quattro mesi rispetto ai due anni e otto mesi inflitti in primo grado. E’ stata respinta l’istanza dell’avvocato difensore di Lavitola, Gaetano Balice, che aveva chiesto il trasferimento del procedimento a Monza in quanto il reato sarebbe stato commesso ad Arcore.
Secondo i giudici, dunque, ci fu il tentativo messo in atto da Lavitola, quando era latitante in America Latina, tra Panama e l’Argentina, di farsi consegnare ingenti somme di denaro dall’allora presidente del Consiglio minacciando, tra l’altro, rivelazioni scomode sulla vicenda Tarantini-escort. Un riscontro a tale ricostruzione è offerto dalle due lettere, scritte da Lavitola e rinvenute dagli inquirenti in un file del computer di Carmelo Pintabona – assolto in primo grado dal gup Cananzi – che contenevano espressioni assai dure nei confronti del premier. I giudici hanno anche condiviso l’impianto accusatorio emerso dall’inchiesta condotta dai pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, con il coordinamento del procuratore aggiunto Francesco Greco.
La scorsa settimana la procura di Roma aveva invece deciso l’archiviazione del procedimento contro Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini sempre per il reato di estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. In quel caso i due uomini erano accusati di aver chiesto soldi all’ex premier in cambio del silenzio sulla frequentazione delle escort. Ma secondo i magistrati romani i soldi versati dal Cavaliere a Tarantini erano semplicmente un aiuto a un imprenditore in difficoltà e non il frutto di una estorsione.