Mosca. Con una mossa a sorpresa lo zar Vladimir Putin ha concesso la grazia all’ex patron del colosso petrolifero Mikhail Khodorkovsky, uno dei suoi più aspri oppositori, in galera dal 2003 dopo due processi considerati da molti come una vendetta del Cremlino.
“Ho chiesto la grazia, ma non ho ammesso nessuna colpa” ha dichiarato in una nota l’ex oligarca, a capo della holding privata Yukos, che dopo aver lasciato le carceri russe è atterrato a Berlino. In un primo momento si era detto per raggiungere la mamma malata. La donna, invece, ha poi confermato di essersi recata in Germania per sottoporsi a cure, ma di aver fatto ritorno a Mosca.
“Cari amici – si legge nel comunicato scritto da Khodorkovsky – il 12 novembre mi sono rivolto al presidente russo chiedendo la grazia in relazione alla mia situazione familiare, e mi rallegro della decisione positiva”. L’ex oligarca ringrazia tutti i sostenitori che hanno seguito in questi anni la vicenda Yukos, la famiglia, e rivolge un pensiero “a tutte le persone ingiustamente condannate che si trovano ancora in carcere o perseguite”.
Secondo il quotidiano russo Kommersant che cita una fonte anonima, Khodorkovsky si sarebbe convinto a scrivere la propria domanda di grazia a Vladimir Putin dopo una “visita” dei servizi segreti russi in cella. Questi lo avrebbero informato del deterioramento della salute della madre, malata di cancro, e della prossima istituzione di un nuovo procedimento penale a suo carico.
Molti analisti intanto ritengono che il provvedimento di clemenza potrebbe inquadrarsi nel tentativo di ridurre i motivi di polemica internazionale in vista delle Olimpiadi invernali di Sochi a febbraio, dove l’apoteosi di Putin rischia di essere compromessa dal crescente numero di defezioni da parte di vari leader. Certo, restano le proteste per la legge contro la propaganda gay, ma su questo punto il leader del Cremlino non è intenzionato a cedere, essendo parte sostanziale della sua nuova crociata ideologica a difesa dei valori tradizionali.
Arrestato nel 2003, quando era l’uomo più ricco di Russia dopo essersi arricchito durante le chiacchierate privatizzazioni dell’era eltsiniana, è stato processato due volte con una condanna complessiva a 14 anni (poi ridotta a 11) per frode, evasione fiscale, riciclaggio e appropriazione indebita. Per molti una vendetta del Cremlino, e un monito agli altri oligarchi, per aver minacciato il consolidamento della leadership del presidente Vladimir Putin finanziando l’opposizione e lanciando accuse di corruzione alla società statale concorrente Rosneft, che poi incassò gran parte degli asset del fallimento Yukos.
In tutti questi anni Putin ha sempre manifestato la sua ostilità per Khodorkovski, paragonandolo ad Al Capone e al finanziere Bernard Madoff e accusandolo anche di essere il mandante di omicidi, addebito tuttavia mai contestatogli dalla giustizia. “Un ladro deve stare in prigione”, disse tempo fa, citando la battuta pronunciata dal celebre cantautore-attore Vladimir Visotsky in un popolare film sovietico.