Roma. Il governo incassa la fiducia della Camera sulla legge di stabilità, che ora verrà approvata dall’Aula di Montecitorio assieme al ddl di Bilancio.
Il via libera definitivo da parte del Senato avverrà lunedì 23 dicembre, che trasformerà il testo in legge dello Stato. Una legge, però, che paradossalmente sarà immediatamente cambiata con un decreto, come ha annunciato il ministro Graziano Del Rio, per integrare le risorse per il 2014 a favore dei Comuni, che sono in rivolta. E oltre che ai Sindaci, il premier Enrico Letta ha voluto replicare da Bruxelles alle richieste fatte anche nei giorni scorsi da sindacati e Confindustria: “Tutti chiedono ma la somma di tutti vuol dire la bancarotta dello Stato”.
I punti innovativi della legge di stabilità (il primo taglio al cuneo fiscale, il Fondo taglia-tasse, il Fondo di garanzia per il credito a imprese e famiglie) sono annegati, come nei giorni scorsi, nel mare delle micro norme inserite nei due passaggi, prima al Senato, e poi alla Camera. Tanto la Lega quanto M5s, che Fi, hanno parlato di “marchette” o di “legge mancia”. E per certi aspetti è la stessa critica fatta nei giorni scorsi da Confindustria, che chiedeva di evitare i finanziamenti a pioggia.
Il governo, dopo aver incassato la fiducia (350 sì e 196 no), è dovuto correre ai ripari davanti alla guerra dichiarata giovedì dai Comuni, che avevano minacciato di non partecipare più alle sedi istituzionali. Il ministro Graziano Delrio, ex sindaco ed ex presidente dell’Anci, ha annunciato che il governo integrerà le risorse per i Comuni: ai 500 milioni già previsti per consentire le detrazioni sulla Tasi in favore delle famiglie, se ne aggiungeranno altri 700-800 milioni. Il tutto avverrà in un imminente decreto, che potrebbe essere o il milleproroghe di fine anno, o uno ad hoc. Nulla ancora si sa delle coperture. “La questione posta troverà attenzione – ha detto da Bruxelles il premier Letta – ma invito i comuni ad avere un atteggiamento dialogante perché con il dialogo i problemi si risolvono”.
Letta ha poi puntigliosamente aggiunto che “questa è la prima legge di stabilità che dà ai Comuni e non taglia”. Una frase che riecheggia quelle dette a chi gli ha parlato delle critiche di imprenditori e sindacati alla manovra. Dopo anni di finanziarie di sacrifici, tagli lineari ed imposte, è il ragionamento di Letta, questa legge di stabilità è la prima che inverte questa rotta seppur con un piccolo taglio al cuneo fiscale: di qui l'”amarezza” espressa da Letta a chi gli ha potuto parlare perché ciò non è stato colto dalle parti sociali. Insomma non si possono ascoltare tutte le richieste pena la “bancarotta”, ha detto a Bruxelles il premier, “e io mi assumo la responsabilità di fare delle scelte”, anche perché all’Italia “non serve un Babbo Natale ma un buon padre di famiglia”.
Un regalo di Natale posticipato potrebbe giungere dalla Svizzera, se andrà in porto l’accordo sui capitali esportati: lo stesso Letta ha annunciato di volersi recare a gennaio a Berna per chiudere una intesa che potrebbe portare nel giro di pochi mesi una “una tantum” da dirottare ad un ulteriore taglio del cuneo fiscale.
Sulla Web tax Letta ha ribadito l’intenzione di voler portare il tema in sede Ue. Quindi non ci sarà alcuna retromarcia, cosa che ha suscitato le critiche di Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, a cui aderiscono le filiali italiane delle multinazionali del Web. Le quali dall’1 gennaio dovranno pagare le tasse in Italia su quanto fatturato nel nostro Paese.