Grazie Italia, questo è davvero un paese ben strano ma bellissimo. Tali sono state le parole pronunciate da Paolo Sorrentino nel ritirare il Golden Globe per il miglior film straniero assegnatogli dallAssociazione della Stampa Estera a Hollywood per il suo La grande bellezza.
Il premio, giunto alla 71esima edizione, è ritenuto, a giusta ragione, lanticamera degli Oscar, differenziandosi da questultimi per il fatto di attribuire riconoscimenti doppi, ovvero per il genere commedia o musical e drammatico.
Gioia immensa, quindi, per i nostri colori, che, grazie al cineasta partenopeo, riportano in patria un trofeo ambito 24 anni dopo laffermazione di Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. E La grande bellezza, pellicola interpretata dal poliedrico attore casertano Tony Servillo, sospesa tra decadenze viscontiane e svolazzi felliniani con linevitabile energia corrosiva tipica dello stile sorrentiniano nel narrare le (poche) virtù e i (molti) vizi del carattere italico e romano in particolare, potrebbe conseguire agli Oscar un successo a quindici anni di distanza dalla gloriosa performance-vittoria di Roberto Benigni con “La vita è bella”. Infatti, a questo punto, la nomination allAcademy Award appare scontata e, forse, anche la vittoria potrebbe giungere a distanza dei soliti quindici anni trascorsi dalla gloriosa performance-vittoria di Benigni.
Non ci resta che attendere, ma per il momento registriamo, sempre in prospettiva Oscar, il bottino pieno del controverso American Hustle, che si aggiudica tre Globe per la miglior commedia, lattrice protagonista, Amy Adams, e la non protagonista, Jennifer Lawrence, che continua ad arricchire la sua bacheca già molto nutrita a dispetto della giovane età. Due bad girls, scandalose e provocatorie eroine di un coinvolgente bacio saffico, che si aggiungono alla lista di ruoli da cattivi scelti questanno dalla giuria dei Globe.
Miglior attore da commedia è, infatti, Leonardo Di Caprio, irresistibile nella parte di un finanziere senza scrupoli nel Lupo di Wall Street diretto dal mentore Martin Scorsese, mentre miglior attrice drammatica la superba (in tutti i sensi) Cate Blanchette, ineccepibile alcolizzata e nevrotica nel Blue Jasmine di Woody Allen, destinatario di un meritato riconoscimento alla carriera.
Successo, anche, per lindipendente Dallas Buyers Club di Jean Marc Valleé, che intasca i riconoscimenti per il miglior protagonista drammatico, Matthew McConaughey, e il non protagonista, Jared Leto, entrambi sofferenti e indimenticabili malati di Aids. Al singolare Her di Spike Jonze con lapprezzata performance solo vocediScarlett Johansson va il premio per la sapiente sceneggiatura, mentre Alfonso Cuaròn, autore del rivoluzionario sci-fi Gravity è dichiarato, a giusta ragione, miglior regista dellanno. 12 anni schiavo di Steve McQueen, che partiva dal record di candidature, si aggiudica solo il trofeo per il miglior film drammatico.
Miglior canzone originale Ordinary Love degli U2, colonna sonora del lungometraggio Mandela: A Long Walk to Freedom, dedicato alla straordinaria vita del recentemente scomparso ex presidente sudafricano Nelson.