Casal di Principe. 5 milioni di euro, tra beni immobili, rapporti finanziari ed aziende, il valore dei beni confiscati al boss Giuseppe Setola, capo dellala stragista del clan dei casalesi.
Loperazione è stata compiuta venerdì mattina dagli agenti della Direzione investigativa antimafia di Napoli dopo il provvedimento emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. I beni confiscati sono riconducibili a Setola anche se intestati apparentemente a suoi familiari e conoscenti.
Arrestato nel gennaio 2009 dopo un periodo di latitanza, condannato a diversi ergastoli, Setola si trova attualmente in regime di carcere duro. Lo stesso, già considerato elemento di primo piano del clan dei casalesi nella fazione capeggiata da Francesco Bidognetti, alias Cicciotto e mezzanotte, è tristemente noto perché autore di numerosi ed efferati omicidi che hanno insanguinato il litorale di Castel Volturno e zone limitrofe, come quello di Umberto Bidognetti, padre del collaboratore Domenico, avvenuto in data
Ma levento criminale più efferato di cui Setola è stato protagonista è sicuramente la strage di Castel Volturno, episodio che ebbe risonanza internazionale sia per lefferatezza dellatto, che per il coinvolgimento di cittadini africani uccisi in modo del tutto casuale. Il raid stragista provocò dapprima luccisione dellesercente di una sala giochi, con una sessantina di proiettili davanti al suo negozio nella popolosa Baia Verde di Castel Volturno e, poco dopo, di sei cittadini africani contro i quali vennero esplosi in poco meno di trenta secondi, con almeno sette armi da guerra di modello e calibro diverso ben 125 colpi.
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La peculiarità della condotta del gruppo Setola indusse la magistratura ad indicare fra le aggravanti contestate agli autori degli omicidi, oltre a quella tipica del metodo mafioso e del fine di agevolare il clan dei casalesi, anche quella di avere agito con finalità di discriminazione ed odio razziale, essendo emerso che la strage denotava un odio indiscriminato del gruppo di Setola basato su un pregiudizio razziale, in ordine al quale si voleva asservire il gruppo di extracomunitari stanziatosi sul litorale domizio alla volontà del clan.
La magistratura individuò nel comportamento del gruppo capeggiato da Setola anche la finalità terroristica della strage, poiché lintento sotteso al fatto omicidiario era suscitare paura nella collettività, con l’obiettivo, indiretto, di indebolire la fiducia della cittadinanza nello Stato.
Le indagini patrimoniali eseguite dalla Dia di Napoli, hanno permesso di accertare la presenza di numerosi beni nella disponibilità di Giuseppe Setola e dei parenti fra cui il fratello, Pasquale Setola, anche attraverso interposte persone. Tali beni sono stati ritenuti dal Tribunale sammaritano di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati sia dal predetto che dai prossimi congiunti o persone a lui vicine, giungendo alla conclusione – alla luce anche delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia Alfonso Diana, Domenico Bidognetti, Gaetano Vassallo che gli stessi siano meri prestanome di Giuseppe Setola.
La decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Sezione Misure di Prevenzione presieduto dalla dottoressa Corinna Forte, si è basata anche sugli accertamenti di natura patrimoniale supportati dalle investigazioni eseguite nella fase delle indagini di polizia giudiziaria coordinate dalla locale Direzione distrettuale antimafia. Esse hanno dimostrato che Setola reimpiegava i proventi di attività criminose, perpetrate in ragione della sua appartenenza al clan dei casalesi, in acquisti di beni immobili e di attività commerciali, attribuendo fittiziamente i beni al fratello Pasquale (suo complice in altri gravissimi reati ed illeciti), ad altri familiari e conoscenti per non apparire titolare in proprio e per non correre il rischio di sequestri e di successive confische ad opera dellautorità giudiziaria, cercando di eludere, in tal modo, le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale.