La 28esima edizione dei Premi Goya, gli Oscar del cinema spagnolo, si è conclusa a Madrid con un verdetto deludente per quanto riguarda i nostri colori.
“La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, indubbio favorito al titolo di miglior produzione europea anche per la calda accoglienza riservatagli dalla stampa iberica durante la presentazione a Cannes nel maggio scorso, si è visto battere da “Amour” dell’austriaco Michael Haneke. Grazie a questo riconoscimento, il dramma d’amore geriatrico interpretato dalle vecchie glorie Emanuelle Riva e Jean Louis Trintignant, appartenente alla passata stagione cinematografica ma uscito in ritardo in Spagna, ha completato una bacheca già piena di tutti i trofei possibili da conquistare.
Certo, tale sconfitta non diminuisce le possibilità di Sorrentino di aggiudicarsi gli altri trofei rimasti, tra i quali l’agognato Oscar hollywoodiano, poiché “Amour” è ormai fuori gara. Passando ai padroni di casa, preoccupati dai postumi di una stagione che ha visto decrescere incassi e prestigio internazionale, complice anche il flop degli “Amanti passeggeri” di Pedro Almodòvar, sono state due le pellicole a dividersi quasi equamente i riconoscimenti.
“Las brujas de Zugarramurdi” del veterano Alex de la Iglesia e “Vivir es fàcil con los ojos cerrados” del promettente David Trueba hanno conquistato, rispettivamente, otto e sei Goya, anche se il lungometraggio di Trueba ha portato a casa i tre premi principali di miglior film, regista e attore protagonista (Javier Càmara), mentre quelli tecnici sono stati appannaggio dell’opera di de la Iglesia. Ancora inediti in Italia, raccontano vicende del tutto differenti con stili agli antipodi. “Las brujas” narra, con i soliti toni sospesi tra l’ironico e il grottesco ed effetti al limite dell’horror, di una banda di rapinatori che cade nelle grinfie di una congrega di streghe dopo aver compiuto una rapina.
“Vivir es fàcil”, invece, è la storia di un professore, che nel 1966 si mette in viaggio per incontrare il suo mito John Lennon, impegnato a girare un filmato in Andalusia. Una tipica trama nostalgica intrisa di memorabili ricordi musicali. Miglior attice, infine, Marian Alvarez, protagonista di “La herida” diretto dall’esordiente Fernando Franco.