Aversa. Finito nella morsa dellusura e minacciato di morte dal boss. E la storia di un commerciante tessile aversano che, mercoledì mattina, ha portato allesecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare contro quattro esponenti del clan dei casalesi.
Tra i destinatari dei provvedimenti i già detenuti Nicola Schiavone, 35 anni, figlio di Francesco Schiavone detto Sandokan; e Salvatore Di Puorto, 40 anni, di San Cipriano dAversa; oltre che Giulio Brusciano, 48 anni, e Luigi Ornato, 49 anni, entrambi di Aversa. Sono accusati, a vario titolo, di usura, estorsione e ricettazione, aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare lorganizzazione camorristica.
Loperazione, compiuta dalla squadra mobile di Caserta, diretta da Alessandro Tocco, è frutto di complesse indagini scaturite dal sequestro, nel maggio 2010, nellabitazione di Di Puorto, di effetti cambiari e bancari per oltre 500mila euro, riconducibili ad un commerciante tessile aversano, che, come avrebbero poi svelato gli accertamenti, erano stati emessi a garanzia di debiti usurari contratti dallo stesso commerciante.
Successivamente, anche per effetto di una scrupolosa ricostruzione dei flussi bancari dellimprenditore, gli inquirenti verificavano che sin dal 2004, per fare fronte a difficoltà finanziarie connesse alla gestione della propria attività commerciale, la vittima aveva contratto debiti usurari, cresciuti in modo esponenziale con il trascorrere del tempo, a causa degli esorbitanti interessi pretesi, che lo costrinsero a rivolgersi ad ulteriori usurai.
Dallanalisi della copiosa documentazione sequestrata e dalle perizie disposte dalla Procura antimafia sulla contabilità del commerciante, emergeva che questultimo era stato costretto a pagare un tasso di interesse mensile variabile dal 5% al 10%, per un importo complessivo di circa 300mila euro, corrisposti nellarco di quattro anni.
Con il trascorrere del tempo, limprenditore era stato avvicinato da uomini legati al clan, tra i quali Giulio Brusciano – cugino dellallora latitante Gabriele Brusciano, affiliato alla frangia stragista di Giuseppe Setola e già condannato per associazione mafiosa – Luigi Ornato e Salvatore Di Puorto, i quali, consapevoli delle sue difficoltà economico-finanziarie, e quindi della possibilità di realizzare facili guadagni attraverso la spoliazione delle sue risorse residue, offrirono ulteriori somme in prestito, riducendolo letteralmente sul lastrico, al punto che il commerciante era stato nel tempo costretto a vendere due vetture di proprietà, ipotecare la sua abitazione e, infine, a cedere anche lattività di cui era titolare insieme alla moglie.
Un calvario che ha visto protagonista anche Nicola Schiavone, da ritenersi allepoca capo della fazione Schiavone (recentemente condannato in due distinti processi allergastolo ed a 21 anni di reclusione per associazione mafiosa), quando minacciò di morte la vittima, alla presenza di Ornato, imponendogli di onorare i propri debiti, lasciando comprendere che lammontare di quei prestiti proveniva dalle attività illecite del clan. Circostanza, fra laltro, confermata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno ricostruito la figura di Salvatore Di Puorto, fratello di Sigismondo – già condannato ed elemento di spicco del clan Schiavone – come affiliato dedito a curare il reimpiego nelle attività usuraie dei proventi delle attività illecite dellorganizzazione criminale.