Caserta. Rissa verbale tra il killer del clan dei casalesi, Giuseppe Setola, e il pm Alessandro Milita, in aula, giovedì mattina, al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, durante il processo per l’omicidio di Domenico Noviello, …
… l’imprenditore ucciso il 16 maggio del 2008 a Castel Volturno perché aveva denunciato lestorsione alla sua autoscuola da parte del sodalizio criminale. Alta la tensione durante ludienza, tanto che si è resa necessario più volte l’intervento della presidente del collegio della Corte di Assise, Maria Alaia. Il boss, collegato in videoconferenza, si è autoproclamato innocente per tutti gli omicidi di cui è stato accusato.
“Un capro espiatorio”, si è definito Setola, già condannato a diversi ergastoli in via definitiva, “per colpa di quegli infami di Spagnuolo e Di Caterino. ha detto Infami che parlano per ottenere i benefici della legge”. Il primo scatto d’ira Setola lo ha poco dopo l’inizio dell’udienza quando il pm gli chiede dell’omicidio di Genovese Pagliuca, ucciso il 19 gennaio 2994 a Teverola. Il boss si definisce innocente e racconta di non aver mai compiuto omicidi. Milita a quel punto gli dice: “Allora lei che ruolo aveva? Faceva la bella statuina?”. “Dottò mi porti rispetto, come si permette di dire che facevo la bella statuina? Io facevo le estorsioni e mi occupavo delle armi”, risponde, gridando, Setola.
Scatti d’ira anche quando il pubblico ministero si dilunga sui rapporti tra lui e Massimo Alfiero e sul fatto che quest’ultimo volesse uccidere Giovanni Letizia e Alessandro Cirillo, i fedelissimi di Setola, perché accusati di aver rubato soldi dalle casse del clan. “Dottore – dice Setola – è un’ora che parliamo di Alfiero, parliamo di altro. Alfiero mi fa venire la nausea. All’inizio si occupava di due zone, Cancello Arnone e Villa Literno, ma durante la mia latitanza gli dissi che non era capace e che doveva interessarsi al massimo della sua casa”.
Setola, durante l’esame, non si definisce capoclan, ma racconta di aver preso decisioni e agito insieme a Letizia e Cirillo. Parla della gestione delle casse, dei 50 affiliati in carcere e stipendiati da loro. “Prendevamo 70-80 mila euro ogni mese dalle estorsioni, a Natale 150mila, e davamo alle famiglie dei carcerati circa 2mila euro. Durante le feste il doppio”, dice Setola. Alle domande di Milita se avesse mai incontrato Antonio Iovine e Michele Zagaria, il boss risponde di sì: “Una vola uno e una volta l’altro durante la mia latitanza”. Racconta di essersi recato a quegli incontri in macchina e coperto in volto con un lenzuolo per non vedere dove si trovassero.
L’esame dell’imputato si accende anche durante le domande sull’omicidio di Umberto Bidognetti, padre di Domenico, oggi collaboratore di giustizia e maggiore accusatore di Setola. “Il pezzo di merda era il figlio – dice Setola riferendosi a Domenico – dovevo ammazzare lui, non il padre, io non l’ho ucciso”. “E chi l’ha ucciso allora?”, incalza il pm. “Dottore io mi chiamo Giuseppe Setola, non Domenico Bidognetti, e non faccio il pentito”. “Per lei, la procura e Sirignano – sottolinea Setola – io sono responsabile di tutti gli omicidi è inutile che continuiamo”. Il boss si discolpa anche per la strage di Castel Volturno avvenuta il 18 settembre del 2008. “Quell’infame di Spagnuolo dice che c’ero io, ma io stavo a Pozzuoli con mia moglie”.
Mentre sulla tentata strage contro i nigeriani di un mese prima dice “ero a Ciro’ Marina con la mia famiglia, ci sono almeno tre persone che potrebbero confermare”.
L’apice della rissa verbale tra Milita e Setola avviene quando il pm gli dice se quando era a Pavia simulava per strada con il bastone fingendo di essere cieco. Milita definisce la situazione “ridicola” e Setola va su tutte le furie. “Ma come si permette – urla Setola al pm – lei è incapace, io non sono cieco, sono ipovedente, è diverso. Ridicolo è solo lei”. A quel punto Milita richiede l’intervento della presidente: “Dica a Setola che non si azzardi mai più a dare giudizi sui pm e di entrare in merito a questioni personali e qualora proseguisse chiedo che sia allontanato dall’udienza”. “Dottore lei mi sta deludendo, la credevo intelligente”, dice il boss. “Della sua delusione me ne frego”, risponde Milita.
Sui certificati medici relativi alla cecità, Setola dice al pm: “Dovreste indagare almeno 50-60 di loro, invece avete arrestato solo Aldo Fronterré“. “Ci stiamo attrezzando, non si preoccupi”, risponde il pubblico ministero.
Botta e risposta acceso anche sulle armi che sarebbero state usate per gli omicidi e sui pizzini. “Il kalashnikov non è mai stato trovato, dottò”, risponde Setola. Mentre sul perché i pizzini ritrovati nel covo di via Cottolengo a Trentola Ducenta non fossero stati scritti da lui il boss risponde ridendo: “Avevo un segretario. Perché lei non ha i segretari? Lo tenevo pure io”. E risponde con un “forse” quando il pm insiste sul fatto che quei pizzini erano stati scritti da altri sotto dettatura per prevenire un’eventuale perizia calligrafica nel caso in cui fossero stati ritrovati.
Setola dice di non aver partecipato nemmeno all’omicidio di Noviello, sottolineando, più volte, però, che l’imprenditore aveva “fatto condannare ingiustamente per estorsione Francesco Cirillo“, cugino di Alessandro Cirillo.
La prossima udienza si terrà il 10 aprile con la fine dell’esame di Setola e il controesame.