Tribeca film festival, Valeria Bruni Tedeschi miglior attrice

di Gaetano Bencivenga

 Si è conclusa a New York la 13esima edizione del Tribeca Film Festival, manifestazione, fondata tra gli altri da Robert De Niro, dedicata alle produzioni indipendentiinternazionali.

Grande soddisfazione per il nostro cinema, inserito nella competizione ufficiale grazie a “Il capitale umano” di Paolo Virzì, che ha portato a casa il premio per la migliore interpretazione femminile attribuito a Valeria Bruni Tedeschi.

L’attrice e regista, sorella di Carla Bruni e molto attiva in Francia, veste nella pellicola di Virzì i panni della borghese Carla Vernaschi e con la sua “complessa performance” si è guadagnata il plauso della giuria, che le ha riconosciuto di aver restituito l’immagine di una “donna che combatte tra amore, famiglia e obblighi”, unendo “forza e fragilità senza imbarazzo, con il coraggio di esercitare sia delicatezza sia controllo”.

Per la Bruni Tedeschi si tratta del secondo trionfo al Tribeca, dopo i riconoscimenti per l’interpretazione e l’esordio dietro la macchina da presa ottenuti dieci anni fa con il suo “E’ più facile per un cammello…”. Bisogna, comunque, registrare anche la calda accoglienza da parte della stampa a stelle e strisce per il lungometraggio di Virzì, che potrebbe partire dalla Grande Mela alla conquista del mercato planetario e, chissà, giungere alle porte dorate di Hollywood, ripetendo il successo de “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino. Passando alla lista degli altri premiati, registriamo la vittoria dell’israeliano “Zero Motivation” di Talya Lavie, giudicato miglior titolo della kermesse.

L’opera della Lavie, sorta di commedia nera su un reparto militare di soldatesse, ha anche agguantato il premio in memoria della cineasta e sceneggiatrice Nora Ephron indirizzato a una regista donna. Menzione speciale dei giurati e miglior sceneggiatura al francese “Il rapimento di Michel Houllebecq” di Guillame Nicloux nel quale lo scrittore del best seller “Le particelle elementari” Houllebecq interpreta se stesso in un’intricata trama gialla.

Miglior attore lo statunitense Paul Schneider, che in “Goodbye to all that” di Angus MacLachlan è un convincente padre divorziato impegnato a intraprendere una nuova vita con la figlia. Miglior regista esordiente il sangue misto polacco-giapponese Josef Wladyka, che ha ambientato in Colombia il thriller “Manos sucias” in cui un pescatore e un ragazzo si trovano invischiati in un pericoloso traffico di droga.

Miglior documentario, infine, il discusso “Point and Shoot” dello statunitense Marshall Curry, drammatico resoconto della terribile storia di un cittadino yankee catturato durante la rivoluzione libica.

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