Quando Aversa sarà un Comune “derackettizzato”?

di Nicola Rosselli

 Aversa. “Aversa Comune derackettizzato”. Parola lunga e pure un po’ complicata, quest’ultima, ma che rende bene l’idea.

No, non derattizzato che sarebbe un comune senza ratti, senza topi, ma un comune senza il racket del pizzo, senza commercianti che debbano essere sottoposti alla “doppia imposizione fiscale” con le tasse allo Stato legittimo e il pizzo allo stato fantasma, alla camorra che intende succhiare agli imprenditori il frutto del proprio lavoro, così come fanno i parassiti. Perché chi chiede il pizzo non è altro che un parassita che intende sopravvivere sottraendo loro le risorse.

Ad Aversa, inutile nascondersi dietro al classico dito, tutti, anche il più piccolo dei commercianti, con l’eccezione di quei negozi che i clan camorristici utilizzano per riciclare i loro proventi sporchi, sono piegati al racket. Devono pagare.

A testimoniarlo i vari episodi, soprattutto lo scorso anno, di chiara intimidazione. Episodi che quando non si verificano non significa che il racket non si paga più, ma semplicemente che nessuno si lamenta. L’appello, allora, è a far sì che la nostra città diventi un comune derackettizzato.

L’iniziativa è stata lanciata negli scorsi anni da Libera, in particolare quella campana. Ma, ad oggi, di paesi derackettizzati in Campania, da quanto è dato sapere ve ne è solo uno: Ercolano, comune grande poco più di Aversa, dove i clan Ascione e Birra, dominanti, si erano dati battaglia sino a poco fa. Ma che significa comune derackettizzato? Significa un paese dove i camorristi hanno smesso di andare a bussare a soldi dai commercianti, a minacciare quelli che fanno resistenza, a punire chi si rifiuta di pagare.

Ad Ercolano, oltre alle associazioni di categoria c’è stato soprattutto un sindaco, Nino Daniele, che ha fatto di questo obiettivo la propria bandiera. “E’ riuscito a sensibilizzare i suoi concittadini, ha fatto sentir loro che avevano accanto l’amministrazione comunale, ed è riuscito a coinvolgerli nella rivolta. E cioè a denunciare invece di pagare. È finito così l’abuso del racket. Duecentocinquanta camorristi sono stati arrestati, non tutti poi rinviati a giudizio per le estorsioni, ma 41 di essi sì, e nelle vetrine sono comparsi i manifesti che annunciavano la rivoluzione: ‘Prodotto pizzo free’, per spiegare ai clienti che in quei negozi non si accettavano le regole della camorra”.

Spiegava nell’oramai lontano 2011 il Corriere della Sera. Difficile farlo ad Aversa? Crediamo proprio di no. Al comune abbiamo un sindaco che ha fatto della legalità la propria bandiera, non avendo esitazioni nel denunziare presunti illeciti in campo amministrativo con invio di atti alla procura, lo faccia anche in questo campo. Ovviamente non può essere lasciato solo in questa sfida che potrebbe sembrare impari, ma è impari per i camorristi, se a coalizzarsi sono tutti i cittadini onesti, certamente un numero maggiore rispetto a chi campa chiedendo il pizzo, succhiando il frutto del lavoro altrui.

In prima linea dovranno esserci i rappresentanti di categoria. Sia Franco Candia per l’Ascom che Pina Giordano e Maurizio Pollini per la Confesercenti sono persone perbene e toste. Chissà che una volta tanto non si riesca a far parlare dell’agro aversano in termini positivi. Velleitario? Le grandi trasformazioni hanno bisogno di velleitarismo.

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