Caserta. 13 arresti eseguiti tra le province di Caserta, Napoli, Salerno e Avellino dai carabinieri del comando provinciale di Caserta nei confronti di imprenditori del settore caseario, veterinari e biologi, responsabili di associazione per delinquere finalizzata alle sofisticazioni alimentari, con sequestri di beni di ingente valore.
L’indagine, svolta dal 2011 al 2013, ha avuto inizio dall’approfondimento investigativo conseguente a un grave infortunio sul lavoro verificatosi nel caseificio Cantile, a Sparanise, il 20 febbraio 2011, nel corso del quale un operaio aveva perso le dita di una mano. L’incidente, che era stato segnalato dalla società Cantile srl come fortuito, nascondeva, invece, la manomissione di un macchinario, dal quale, al fine di aumentare la produzione, erano stati eliminati i sistemi di sicurezza per gli operatori.
Le investigazioni, basate soprattutto su intercettazioni telefoniche, e iniziate proprio per monitorare l’operaio che, dopo aver denunciato il fatto, aveva ritrattato le accuse (a fronte – come poi si sarebbe accertato – di offerta di danaro), ben presto si erano concentrate anche su altre condotte illecite, che a mano a mano venivano evidenziate dalle indagini e che risultavano afferire pressoché ad ogni aspetto dell’attività di impresa della Cantile.
Disvelata l’esistenza di un’autentica associazione per delinquere, al cui vertice vi erano Guido Cantile, dominus della società – uno dei più importanti caseifici produttori di mozzarella di bufala campana dop del casertano – e i suoi due figli, Pasquale e Luigiantonio, con l’importante e fattivo contributo di alcuni dipendenti e alcuni collaboratori dell’azienda e con la complicità e connivenza di veterinari dell’Asl.
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Questa organizzazione, riferiscono gli investigatori, aveva realizzato un sistema ben collaudato negli anni, che le ha consentito di raggiungere importanti traguardi economici, a discapito delle più elementari norme di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute pubblica. Accertata, prima di tutto, oltre ad un secondo episodio di infortunio sul lavoro quasi identico al primo, una serie di adulterazioni alimentari che si estendevano all’intero ciclo produttivo dell’azienda.
In particolare, gli esiti di plurimi prelievi effettuati dalla polizia giudiziaria sul prodotto commercializzato dalla Cantile srl, contrassegnato dal marchio dop (mozzarella di bufala campana dop), hanno permesso di verificare che al latte di bufala veniva abitualmente miscelato latte vaccino, in violazione del disciplinare adottato dal Ministero per le Politiche agricole a tutela della mozzarella di bufala, con conseguente frode in danno del consumatore.
Di ciò, come risulta dalle indagini, si sono rese conto anche importanti catene di distribuzione estere e, in particolare, francesi (Auchan e Monoprix) rifornite dal caseificio Cantile che, inoltre, pur essendo tenuto ad acquistare materie prime di provenienza certa – in ossequio alla normativa di settore che, a tutela della salute del consumatore, prescrive la tracciabilità del latte e dei semilavorati impiegati nel ciclo produttivo – provvedeva, in maniera pressoché sistematica, all’accaparramento anche all’estero di partite di latte e di cagliata, spesso molto scadenti, di cui veniva celata la provenienza, all’evidente fine di contenere i costi di produzione. In particolare, gli esiti dell’attività di indagine comprovano che i Cantile, per il tramite di società di comodo (soprattutto la Planet Group srl), acquistavano abitualmente quote di latte e cagliata proveniente da Francia, Polonia e Ungheria, che facevano risultare di provenienza italiana, alterandone i documenti di trasporto.
Il latte e le materie prime acquistate, inoltre, non venivano sottoposte ad adeguato autocontrollo sanitario (grazie alla compiacenza delle due biologhe dipendenti del caseificio), così come prescritto dalla normativa di settore, ma venivano impiegati nel ciclo produttivo (anche del prodotto dop) e, a volte, quando erano in eccesso, rivenduti a terzi, benché alterati.
Appaiono in proposito eloquenti gli esiti dei controlli effettuati a campione sul latte giacente presso i silos del caseificio, dai quali si è potuto evincere la sussistenza di una carica batterica notevolmente superiore (anche fino a oltre 2mila volte) rispetto a quella consentita dalla normativa vigente e tale da far ritenere il prodotto finale addirittura potenzialmente nocivo per la salute pubblica.
Appare addirittura inquietante il proposito di PasqualeCantile (evidenziato da conversazioni telefoniche) di utilizzare un concime chimico impiegato in agricoltura (l’urea) per far aumentare la carica proteica del latte e migliorarne così la resa, in modo, cioè, da aumentare il quantitativo di prodotto realizzato con la medesima quantità di materia prima (benché lo stesso Pasquale Cantile sapesse che lurea utilizzata in mangimi somministrati alle bufale ne aveva provocato il decesso).
Altre illiceità riscontrate dalla polizia giudiziaria attengono allo smaltimento dei rifiuti prodotti dal caseificio. I Cantile smaltivano i residui della lavorazione dei prodotti caseari (siero e fanghi), scaricandoli, grazie a dei by-pass, negli impianti fognari o nei condotti che conducono ai fiumi ivi presenti. Malgrado scoperti, e pur a fronte dei ripetuti sequestri operati dalla polizia giudiziaria ai loro danni, hanno ogni volta reiterato la condotta, con pervicacia degna di miglior causa.
Rilevanteanche lo smaltimento dei rifiuti solidi (plastica, contenitori ed altro), effettuato dal caseificio in un’isola ecologica del Comune di San Nicola La Strada, destinata a ricevere esclusivamente rifiuti solidi urbani, in spregio ancora una volta alla normativa vigente e grazie a soggetti compiacenti addetti alla struttura.
Una così sistematica commissione di condotte illecite è stata resa possibile anche dalla complicità dei funzionari dell’Asl, addetti al controllo sanitario, nel caso di specie, in realtà, diventato poco più che simbolico. Invero, gli accessi al caseificio da parte dei veterinari dell’Asl, per prelevare prodotti da campionare, erano preceduti, ogni volta, contrariamente a quanto previsto dalle norme, da preavviso ai soggetti da sottoporre a controllo. Per questo, l’esito dei controlli risultava, ovviamente, pressoché sempre favorevole.
L’attività di indagine ha fatto emergere un quadro di rapporti fra controllori e controllati assolutamente inquietante, in virtù dei quali i due funzionari dell’Asl coinvolti non solo preannunciavano i loro controlli, ma preavvisavano i Cantile anche delle visite ispettive da parte di organi diversi (ad esempio, il controllo da parte della Commissione Europea) e addirittura partecipavano a riunioni che si tenevano presso il caseificio, aventi il precipuo scopo di ovviare agli inconvenienti presenti nella struttura. Il Gip, su richiesta del pm, ha provveduto ad applicare, oltre alle misure cautelari personali, il sequestro preventivo dell’intera azienda del caseificio Cantile, nonché dei vari punti vendita.
Gli arrestati: Guido Cantile, 58 anni, di San Cipriano dAversa; Luigiantonio Cantile, 27; Pasquale Cantile, 29; Assunta Di Caprio, 33; Agostino Verde, 56; Luigi Cammisa, 48; Antonio Di Feo, 48; Giuseppina Genovese, 46; Luigi Bacco, 59; Ileana Micillo, 35; Paola Mormile, 48; Clorinda Bovenzi, 31; Amedeo Fasulo, 44.