Cannes, gran premio della giuria all’Italia de “Le Meraviglie”

di Gaetano Bencivenga

 La 67esima edizione del Festival di Cannes si è conclusa e il cinema nostrano si trova a registrare un ulteriore successo in un’annata davvero irripetibile, che ha raggiunto il culmine con il trionfo all’Oscar di Paolo Sorrentino.

La 32enne regista di Fiesole Alice Rohrwacher si è vista, infatti, assegnare il Gran Premio della Giuria, secondo riconoscimento per importanza attribuito nella manifestazione transalpina, per il rarefatto, a tratti favolistico a tratti realistico, sicuramente sperimentale “Le meraviglie”, che annovera nel cast anche una fatata Monica Bellucci. Una vittoria importante e inaspettata, che premia il coraggio stilistico dell’autrice toscana, alla sua opera seconda, e segna una serie di piccoli grandi record.

A partire dal fatto che la Rohrwacher è, in assoluto, la prima cineasta donna italiana ad agguantare un trofeo in un festival internazionale, e la terza, dopo l’ungherese Marta Meszaros e la giapponese Naomi Kawase, a guadagnare un Gran Premio a Cannes.

La timida e frastornata Rohrwacher ha ricevuto l’ambita statuetta dalle mani della decana Sophia Loren, autentica protagonista della kermesse 2014 e sempre felicissima di battezzare nuovi talenti tricolore, che, sommersa da un’ovazione, ha ricordato commossa il suo compagno cinematografico di sempre Marcello Mastroianni, affascinante icona della rassegna numero 67 stampata sul manifesto ufficiale della stessa.

La Palma d’Oro al miglior lungometraggio ha preso, invece, la direzione della Turchia grazie al maestro Nuri Bilge Ceylan, che, dopo due Gran Premi, finalmente sbanca con una pellicola intitolata “Winter Sleep”, lunga più di tre ore ma di enorme impatto emotivo/visivo a metà strada tra Checov e Bergman.

Anche gli americani escono soddisfatti dal coraggioso verdetto emesso dalla giuria presieduta dalla regista neozelandese Jane Campion, unica donna ad aver vinto in passato una Palma d’Oro con il bellissimo “Lezioni di piano”.

Miglior regista è, infatti, il dotato Bennet Miller, autore del potente “Foxcatcher”, sapientemente sospeso tra spirito indipendente convenzione hollywoodiana; mentre migliore attrice è risultata l’affascinante e nevrotica Julianne Moore di “Maps to the Stars” del controverso David Cronenberg. La Moore, ancora non insignita in patria di un meritato Oscar, dimostra, una volta di più, di essere invece apprezzata in Europa, dove ha già trionfato a Venezia (per ben due volte Coppa Volpi) e a Berlino (Orso d’argento).

Britannico il miglior attore, Timothy Spall, monumentale e istrionico nel “Mr Turner” diretto dal connazionale Mike Leigh. Premio della Giuria, infine, ex aequo all’83enne svizzero Jean Luc Godard, genio della “nouvelle vague” tuttora in vena di sfidare le regole con il 3D intellettuale di “Adieu au langage”, e al 25enne canadese Xavier Dolan, autore dell’interessante “Mommy”. Una sorta di passaggio di consegne generazionale e di talento puro.

E gli sciovinisti padroni di casa? Rimasti, per una volta, a bocca asciutta, nonostante i quattro titoli in competizione.

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