Tasi, Comuni in ritardo: governo valuta proroga

di Redazione

 Roma. Si avvicina la scadenza del 16 giugno quando gli italiani saranno chiamati a pagare per la prima volta la Tasi, la nuova imposta sui servizi indivisibili che, insieme alla Tari, ha sostituito l’Imu.

Almeno in parte, in realtà, perché la vecchia imposta patrimoniale resiste ancora per seconde case, immobili di pregio, negozi e altri fabbricati.

Molti comuni non hanno ancora indicato le aliquote e dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, è arrivata la strigliata: “Invitiamo i comuni che non lo hanno fatto a causa delle elezioni a decidere alla svelta”. In assenza di delibera entro il 23 di questo mese le prime case potranno versare tutto in un’unica soluzione a dicembre. Per le seconde case, invece, il 50% dell’imposta va pagata subito (aggiungendo anche l’Imu che per questi immobili è rimasta). Novità anche per gli inquilini, chiamati a pagare una quota tra il 10 e il 30 % della nuova tassa.

Il governo, anche per venire incontro ai Comuni, sta valutando una proroga: in tal caso si potrebbe slittare al 16 settembre. “In queste ore è in corso un incontro con i sindaci e il governo e penso che la prossima settimana si saprà se ci sarà uno slittamento della scadenza”, spiegaDelrio, intervistato da Maria Latella a SkyTg24.

Aliquote: per quel che riguarda le aliquote solo mille Comuni su 8mila hanno già detto quale applicheranno. Gli altri devono ancora deliberare. Come noto la legge di stabilità fissava un tetto massimo al 2,5 per mille per la prima casa e al 10,6 per mille per la seconda (somma di Tasi e Imu). Il governo è poi intervenuto per concedere ai Comuni la possibilità di aumentare le aliquote fino a un massimo dello 0,8% distribuendo l’aumento tra prima e seconda casa. La maggiorazione deve essere però vincolata alla concessione delle detrazioni, scomparse a livello nazionale rispetto all’Imu.

Prime case: l’aliquota potrà dunque salire fino a un massimo del 3,3 per mille.

Seconde case: Si potrà arrivare all’11,4 per mille complessivo. Su seconde case e tutti gli altri fabbricati – uffici, negozi, capannoni e così via – si pagano sia l’Imu che la Tasi.

Immobili di lusso: Le 73mila case accatastate nelle categorie di pregio (A/1, dimore signorili; A/8, ville e A/9, castelli) continueranno a pagare l’Imu sulla prima casa, con un’aliquota massima del 6 per mille e con la sola detrazione di 200 euro, senza i 50 euro extra per ogni figlio. Su queste case si pagherà anche la Tasi, sempre con aliquota massima del 3,3 per mille, ma il totale di Imu e Tasi non potrà superare il 6,8 per mille.

Immobili in affitto: Anche in questo caso si pagherà sia l’Imu che la Tasi con il limite massimo dell’11,4 per mille. L’Imu verrà pagata interamente dal proprietario, mentre la Tasi peserà anche sulle spalle dell’inquilino che dovrà versarne una quota compresa tra il 10 e il 30% a seconda della delibera comunale.

Calcolo: la base imponibile è la stessa dell’Imu. Si parte dunque dalla rendita catastale, la si rivaluta del 5% e si moltiplica il risultato per il coefficiente che varia in base al tipo di immobile (160 per le abitazioni). Su questo valore si applica l’aliquota comunale, con le eventuali detrazioni. Il calcolo può essere effettuato sul sito amministrazionicomunali.it.. Ovviamente ci si può rivolgere anche ad un Caf o alla Confedilizia (la confederazione della proprietà edilizia) presente in molti capoluoghi.

Pagamenti: per pagare la Tasi di potrà utilizzare il modello F24 o il bollettino di conto corrente postale. Le rate previste sono due: la prima il 16 giugno, la seconda il 16 dicembre. Se il Comune non avrà preso alcuna decisione sulle aliquote entro i termini utili per far pagare l’acconto a giugno (23 maggio, con delibera da pubblicare sul sito portalefederalismofiscale.gov.it), quella di fine anno rimane per i proprietari di prime case l’unica data utile. Per le seconde case, invece, resta fisso l’appuntamento del 16 giugno, quando dovranno pagare Imu e Tasi. Per la Tasi, in caso non sia stata deliberata un’aliquota dal Comune, dovranno pagare il 50% dell’aliquota base dell’1 per mille, togliendo però una quota forfettaria – del 10% annuo secondo alcune indicazioni delle Finanze (quindi il 5% per la prima rata), del 30% secondo Confedilizia – che spetta invece all’inquilino.

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