Omicidio durante faida Belforte-Piccolo: Grillo arrestato quale “mandante”

di Redazione

 Caserta. L’imprenditore Angelo Grillo, 64 anni, di Marcianise, già arrestato nello scandalo degli appalti truccati all’Asl di Caserta, oggi è stato raggiunto da un’altra ordinanza di custodia cautelare, stavolta per concorso in omicidio aggravato dal metodo mafioso al fine di agevolare il clan Belforte.

Insieme a Grillo sono coinvolti i fratelli Giorgio D’Albenzio, 54 anni, e Clemente D’Albenzio, 49, di Maddaloni, già detenuti. Al centro dell’indagine, condotta dalla squadra mobile di Caserta, l’omicidio di Angelo Cortese, di Cervino, all’epoca 41enne, ucciso il 15 settembre 2006 nella frazione Montedecoro di Maddaloni. Già il 30 settembre scorso, gli agenti diretti dal vicequestore Alessandro Tocco avevano notificato delle ordinanze al boss Salvatore Belforte, 64 anni, di Marcianise, e a Felice Napolitano, 50 anni, e Francesco Zarrillo, 45.

Secondo le risultanze investigative, Cortese, detto “O’ Chiattone” o “Marlon Brando”, venne eliminato, su mandato del boss Salvatore Belforte, da un commando costituito da Bruno Buttone e Domenico Cuccaro, poi divenuti entrambi collaboratori di giustizia, e Felice Napolitano e Francesco Zarrillo.

Il movente si inseriva nel contesto della endemica contrapposizione tra i clan Belforte e Piccolo, detti i “Quaqquaroni”, per il controllo della attività illecite nel comprensorio di Marcianise, Caserta, Maddaloni e comuni limitrofi. Cortese, infatti, conduceva le attività estorsive per conto dei Piccolo.

Ma il motivo che determinò la decisione di eliminarlo – secondo gli investigatori – fu rappresentato dalla richiesta di “pizzo” rivolta ad Angelo Grillo, titolare di una grossa impresa di pulizie e servizi, la Cesap di Maddaloni, ritenuta in realtà emanazione imprenditoriale dei Belforte, ai cui vertici sarebbe stata chiesta la drastica risoluzione del “problema”, eliminando Cortese. Per tale motivo l’imprenditore era stato indagato, quale “mandante”, per concorso nell’omicidio.

Peraltro, stando alle indagini e alle convergenti dichiarazioni dei pentiti Buttone e Cuccaro, che parteciparono materialmente alle fasi preparatorie ed esecutive del delitto, il commando, per alcuni giorni, attese proprio negli spazi del Cesap di Maddaloni l’arrivo della vittima designata che, poi, fu attirata in un tranello dai fratelli D’Albenzio, affiliati storici del clan e reggenti della fazione maddalonese.

Ma il gip del Tribunale di Napoli non ritenne adeguatamente “gravi” gli indizi acquisiti nei confronti sia di Grillo che dei fratelli D’Albenzio, rigettando la richiesta di misura cautelare.Immediatamente, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli propose appello al Tribunale del Riesame partenopeo che, il 22 gennaio scorso, ribaltò completamente la decisione del gip, accogliendo in pieno le risultanze investigative della squadra mobile di Caserta e le argomentazioni della procura antimafia, applicando a sua volta la misura cautelare in carcere nei confronti di Grillo e dei D’Albenzio, la cui efficacia è rimasta sospesa sino alla definizione del successivo ricorso in Cassazione proposto dalla difesa, che la Suprema Corte ha rigettato proprio nei giorni scorsi, rendendo esecutivo il provvedimento restrittivo.

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