Mose, Galan: “Non ho colpe, su di me dette fesserie colossali”

di Emma Zampella

 Roma. Giancarlo Galan, deputato di Forza Italia, tenta di fare chiarezza e in conferenza stampa alla Camera dei deputati ricostruisce la sua verità, partendo da numeri e dichiarazioni scottanti circa l’inchiesta sulle tangenti del Mose, per la quale la procura di Venezia ha chiesto il carcere per l’ex governatore del Veneto.

“Sono stato investito da un ciclone umano, mediatico, giudiziario che mai avrei pensato. Io non ho le colpe che mi vengono attribuite – ha detto Galan – Si tratta di una ricostruzione piena zeppa di errori”.

Un attacco duro quello del deputato di destra che rincara la dose: “Non mi sento perseguitato dai magistrati né tradito dagli amici. Io non mi sento perseguitato da nessuno: ritengo che i magistrati siano stati indotti in errore da una falsa rappresentazione preparata dalla Guardia di finanza su basi presuntive e non documentali. Io sento che la Guardia di Finanza ha fatto un lavoro modesto e scadente tale da indurre in errore”.

Secondo Galan, circa i suoi affari patrimoniali e la casa, i media avrebbero esagerato, raccontando falsità: “Non esiste una parola sul fatto che io abbia avuto soldi. E lo ha confermato anche lo stesso Baita, che adesso fa la star sui giornali. Già, Baita, geniale e feroce, capace di fare qualunque cosa il cui vizio più grande è la presunzione, si sente più intelligente di tutti. Nessuno – prosegue – ha mai tenuto conto del mio patrimonio prima di entrare in politica”. “La storia della casa – aggiunge il deputato – è invece molto più semplice: è stata acquistata nel 1999 ad un’asta giudiziaria, io la compro nel 2005 per prezzo inferiore poco a un milione dal dentista di Pantelleria che l’aveva acquistata a 300 milioni di lire”.

Poi l’ex governatore ha fatto pubblicamente la conta dei beni: “Le dieci barche? Ne ho due, da pesca. Una del 1993 di 7,4 m e una del 2001 di 8,4 m. Questa è la mia flotta. Gdf dice che io ho barca a vela ma sono 45 anni che non salgo in barca a vela, penso alla faccia di chi se l’è vista sequestrata”.

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Ma il suo patrimonio a quanto ammonta? “Onestamente non lo so”. E circa la sua situazione finanziaria mette in chiaro: “Il conto a San Marino? Lo aprii come provocazione dopo ‘accordo’ tra il mio Veneto e San Marino. Tutto trasparente, diedi la carta identità. In quel conto furono messi e poi tolti 50 mila euro da qualcuno che ha falsificato la mia firma. Falsificato. Chi è stato? Io sospetto ce l’ho eccome! Ma sta ai magistrati indagare e chiarire. Dico solo che ha una grafia molto femminile”.

E sugli altri punti usciti sui giornali nelle scorse settimane è un fiume in piena: “Mia moglie non faceva la cubista, non ne ha neanche il fisico. Fu licenziata quando si seppe che era mia moglie. Quanto ai quattro giardinieri? Sono quattro pensionati della Regione che vengono a darmi una mano ogni tanto per comune passione giardino”.

L’attenzione di Galan verte poi sui collaboratori partendo dall’ex segretaria Minutillo. “Su di lei – dice il politico – non posso dire che non fosse capace o brava ma era insopportabile, la odiavano tutti, mia moglie per prima. Avevo la segretaria più lussuosamente vestita dell’emisfero boreale. Lei aveva cappotti di Chanel da 16 mila euro. E in quel momento capii. Quanto a Renato Chisso gli sono grato, era mio amico, io non ho mai chiesto a lui una lira e lui mai chiesto a me una lira. Ma non sono mai stato in vacanza con lui. E’ stato mio miglior assessore, i veneti devono ringraziarlo”.

Diverso il punto di vista dei pm, nella richiesta al gip degli arresti del 4 giugno scorso: nelle carte dell’inchiesta Mose si parla di “cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico” nell’ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del “prestanome” Paolo Venuti, per le quali emergerebbe “la riconducibilità alla famiglia Galan”.

A queste operazioni – compravendite societarie soprattutto in Indonesia – i pm erano arrivati tramite documenti trovati dal Gico in possesso di Venuti in occasione di uno suo espatrio il 19 luglio 2013. Venuti era in partenza dall’aeroporto di Tessera per l’Indonesia. I magistrati annotano che la “riconducibilità alla famiglia Galan” emergerebbe da una serie di conversazioni intercettate tra lo stesso Venuti e la moglie di questi, nel periodo in cui si diffonde la notizia del decesso della suocera di Galan. I coniugi Venuti, amici dei Galan, si sentono in obbligo di partecipare al funerale. In un intercettazione ambientale Venuti parla con la moglie sull’opportunità di rinviare la partenza ed andare al funerale. Al che Venuti conferma e rientrati in Italia, i coniugi – si legge sempre nella carte dell’inchiesta – riferiscono alla moglie di Galan di essere appena tornati dall’Indonesia e chiedono con urgenza un incontro. La sensazione, secondo i pm, è che tale urgenza “vada ricondotta proprio all’anzidetto controllo doganale e quindi all’acquisizione di documentazione che si ritiene riconducibile alla famiglia Galan”.

Dell’affaire Galan parla anche Mariano Rabino, deputato di Scelta Civica e relatore del caso. In un’intervista a Skytg24, infatti, afferma di aver tenuto un atteggiamento di rigore, prudenza e imparzialità: “Mi riservo di ascoltare il deputato Galan in Giunta per le Autorizzazioni mercoledì. È giusto che Galan porti avanti il suo punto di vista e la sua linea difensiva”.

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