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SantArpino. Uno dei temi più ricorrenti della politica è quello di capovolgere i rapporti di forza tra centro e periferia, a tutti i livelli e in tutte le sedi, e dunque in quelle di partito per prime.
Il Pd, poi, è la forza che ha portato fino in fondo questa impostazione, dando reale autonomia ai territori, rispetto ai quali i livelli provinciale, regionale e nazionale si pongono in un rapporto di concreta sussidiarietà. Tutto bello, nella teoria, ma ci sono casi in cui è opportuno chiedersi se lautonomia dei territori debba essere un dogma in sé, o non sia opportuno stabilire dei limiti, e quali. Il rischio infatti è che gruppetti locali si impadroniscano del simbolo, patrimonio collettivo di una comunità di iscritti, simpatizzanti ed elettori capillarmente diffusa su tutto il territorio nazionale, per utilizzarlo a proprio esclusivo beneficio, trascurando o addirittura calpestando i valori che in quel logo sono incorporati, veri e proprie pietre miliari della competizione politica che, spinta alle sue estreme conseguenze, può trasformarsi in una vera e propria frode in commercio elettorale: ci trinceriamo dietro un marchio che agli occhi degli elettori ha un determinato significato, beneficiando del consenso che ciò garantisce, ma facendo tuttaltro. Anche nel più sgangherato franchising, del resto, non è consentito al licenziatario fare quello che gli pare, neppure se è in regola con il pagamento dei canoni contrattualmente pattuiti: da lui ci si aspettano comportamenti in linea con missione e valori dellazienda cui ha liberamente scelto di affiliarsi, pena la risoluzione del contratto e la sua condanna al risarcimento dei danni. Immaginiamoci allora se ciò può essere accettabile in un partito, e più ancora in un partito come il Pd, unico rimasto in Italia ad avere un collante forte di valori e principi, quali uguaglianza, solidarietà, pluralismo, tolleranza, trasparenza, correttezza, partecipazione, che sono peraltro la cifra distintiva della leadership nazionale e locale. Eppure la realtà sotto i nostri occhi ci offre un caso di studio di appropriazione a fini privati del simbolo, per perseguire un disegno di potere fine a se stesso, indifferente a ciò che quello stesso marchio rappresenta: il caso è in pieno svolgimento a SantArpino, dove da qualche anno un manipolo di politici locali ha preso in ostaggio il Pd cittadino, facendone cosa loro, cercando di non fare entrare nessuno nel partito, se possibile espellendo i corpi estranei, o quelli che vengono ritenuti tali, non coinvolgendo nelle scelte la maggioranza degli iscritti e la maggioranza assoluta dei partecipanti alle ultime primarie regionali che si rivedono nella posizione a livello regionale di Michele Grimaldi, ma con quanta autoreferenzialità questi occupatori militari del partito hanno il diritto di parlare a nome di tutti e perché lo fanno? A nome di quale interesse politico agiscono per tenere in ostaggio un popolo che rappresenta il cuore pulsante di un movimento? Noi interroghiamo il Pd provinciale su tante questioni, ma a quella preliminare (chi sono i padroni del Pd? Fino a che punto un gruppo locale può calpestarne i valori di fondo?) siamo certi che la nuova segreteria sta riservando un occhio più attento di quelle precedenti, che hanno tollerato e anzi protetto il gruppetto di intrepidi esponenti del Pd Santarpinese. Non potrà esserci vera discontinuità, infatti, finché il simbolo del Pd sarà lo strumento per perseguire gli interessi personali di questi gruppi di potere. Da oggi diciamo basta! Noi non ci sentiamo rappresentati da chi spesso non vota il partito per abbandonarsi perfino a fare campagna elettorale per FI. o peggio fare accordi a basso cabotaggio politico. Diciamo basta! Il partito deve vivere un sereno dibattito ed aprirsi a 360 gradi alla realtà santarpinese, fare scelte non dettate dai soliti noti, ma confrontarsi con tutti. I sostenitori santarpinesi della candidatura Michele Grimaldi